Avvento: p. Pasolini, no a una “bontà di facciata”, nella Chiesa serve “maggiore verità”

“Il mondo non attende da noi l’immagine di una istituzione senza crepe, né un ennesimo discorso che indica ciò che si dovrebbe fare: ha bisogno di incontrare in noi una comunità che, pur nelle sue imperfezioni e contraddizioni, vive davvero nella luce di Cristo e non ha paura di mostrarsi per quello che è”. Lo ha detto padre Roberto Pasolini, predicatore della Casa Pontificia, nella terza predica di Avvento, svoltasi in Aula Paolo VI alla presenza del Papa ed incentrata sul concetto di salvezza universale, di cui l’Epifania è simbolo. “Una Chiesa che intraprende questo cammino non diventa certo più fragile, rischia solo di essere più credibile”, ha assicurato il religioso: “Non perde la propria identità, ma la lascia emergere nella sua forma più evangelica: quella dell’ autenticità”. “Riconosce la venuta Cristo come luce da accogliere, dilatare e offrire al mondo”, l’invito di Pasolini: “C’è in gioco la cattolicità della Chiesa: possedere la pienezza di Cristo e essere inviata alla totalità del genere umano, senza eccezioni né esclusioni”. Nel Vangelo di Giovanni, ha spiegato il religioso, “la luce di Cristo si manifesta come vera perché capace illuminare, chiarire e orientare intera l’intera complessità dell’ esperienza umana. Non cancella le domande e le ricerche dell’uomo, ma le chiarifica verso un senso più pieno”. “La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre oppongono resistenza”, ha sottolineato Pasolini spiegando che “il problema non è la luce, ma la nostra disponibilità ad accoglierla. La luce è bella, necessaria ma anche esigente: smaschera finzioni, mette a nudo le contraddizioni, ci costringe a riconoscere ciò che non vorremmo vedere. Per questo la evitiamo, rifugiandoci nella falsa sicurezza delle tenebre”. “Gesù non contrappone chi fa il male a chi fa il bene, ma chi fa il male e chi fa la verità”: “Per raccogliere luce incarnazione non è necessario essere buoni e tantomeno perfetti, ma iniziare a porsi in modo vero davanti a Dio, cioè smettere di nascondersi e accettare di essere visti e riconosciuti per quello che si è”. “L’incarnazione per questo è liberante”, ha affermato il cappuccino: “Perché spezza ogni moralismo, e ci dice che a Dio interessa più la nostra verità che una bontà di facciata. Preparare via del Signore significa camminare nella verità con sincerità e senza paura”. “Nei giorni che si preparano Natale è naturale che moltiplichiamo gli inviti alla bontà”, ha osservato Pasolini:  “Ma in questo Natale segnato dal Giubileo alla Chiesa è chiesto qualcosa di ancora più essenziale:  non tanto aggiungere nuove esortazioni, quanto di avviare un cammino di maggiore verità”. “Fare verità non significa esibire una purezza morale o rivendicare una coerenza impeccabile – ha puntualizzato il religioso – ma accettare di presentarsi con sincerità, riconoscendo anche le nostre resistenze, le nostre fragilità. Mostrarsi al mondo non con una facciata di solidità, ma con l’onestà di chi è consapevole di aver bisogno essere salvato”.

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