
Angelo Moretti (Foto Mean)
Era presente anche il Movimento europeo di azione nonviolenta (Mean) oggi all’udienza generale in piazza San Pietro, reduce da un Giubileo della speranza in Ucraina vissuto a Kyiv e a Kharkiv agli inizi di ottobre al quale hanno aderito movimenti e associazioni nonché sindaci e rappresentanti della società civile e politica italiana. Il Papa ha potuto salutare una piccola delegazione del Mean, con esponenti della società civile ucraina. “È fondamentale dimostrare la nostra vicinanza agli ucraini”, dice al Sir Angelo Moretti, co-portavoce del Mean, facendo riferimento alle trattative di pace in corso. “Come ha detto Zelensky, il Paese è vicino a un sacrificio, di cui non si conosce ancora la portata, ma è chiaro che dovranno decidere come arrivare ad un cessate il fuoco. Questo significherà sacrificare qualcosa in modo ingiusto e ingiustificato, ma necessario per un bene superiore. Noi, fratelli degli ucraini, non possiamo restare spettatori: dobbiamo essere vicini. Anche se dovesse prevalere una pace ingiusta ma necessaria per fermare il fuoco, essa non dovrebbe diventare un precedente né una scusa per dire che la resistenza ucraina non andava fatta. L’Ucraina è dalla parte giusta della storia. Non abbandoneremo il popolo ucraino”.
Nonostante gli sforzi diplomatici “i dati oggettivi ci dicono che stiamo assistendo, dal 5 ottobre in poi, ad un aumento degli attacchi contro i civili”, osserva Moretti. “Non si tratta più soltanto di bombardamenti sulle linee del fronte, ma di attacchi deliberati su zone anche lontane dai confini orientali e sulla popolazione civile”. “L’Europa – aggiunge – sta dimostrando una sua presenza politica, impegnandosi a non abbandonare l’Ucraina a trattative condotte senza di essa. Sta spingendo affinché ci sia un piano europeo di pace, non solo americano, e soprattutto un piano ucraino di pace, perché le vittime devono essere ascoltate”.

La piccola delegazione ucraina del Mean con Papa Leone (Foto Mean)
Oggi a Roma, il Mean presenterà la richiesta all’Unione europea di istituire i Corpi civili di pace, come strumento di rigenerazione sociale delle zone più colpite dall’aggressione russa. “Ora più che mai – spiega Moretti – è il momento di rilanciarli. Se davvero si arriverà a una tregua, essa dovrà essere presidiata lungo i duemila chilometri di fronte, per evitare vendette trasversali e la mancanza di controllo da parte delle autorità locali. I corpi civili di pace dovranno essere pronti a intervenire: nel dialogo tra le popolazioni, nell’ascolto attivo, nella creazione di commissioni di verità e riconciliazione. La tregua, di per sé, può essere un momento molto pericoloso per chi la vive. Lo abbiamo visto a Gaza: nei primi giorni di tregua si sono verificate vendette immediate. Durante una guerra è facile che emergano accuse reciproche di collaborazionismo. Per evitare tutto questo, dobbiamo intervenire come europei non solo con la diplomazia dall’alto, ma anche con quella dal basso, inviando oggi i corpi civili di pace”.