“Le tecniche numeriche basate sui calcoli, per quanto efficaci, hanno molti limiti epistemologici e logici. Non possono sostituire tutte le sfaccettature del pensiero umano e tutte le dimensioni delle relazioni umane”. È quanto si legge nella dichiarazione congiunta firmata da mons. Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia per la vita, e da Bernard Ars, presidente della Fiamc (Federazione mondiale delle associazioni dei medici cattolici). “Alcune dimensioni profonde della cura dei pazienti – si afferma – non possono essere sostituite da procedure numeriche ottimizzate e da robot autonomi. Implicano gesti empatici, sguardi pieni di tenerezza e tempo donato, senza alcuna considerazione per l’efficienza o la redditività”. I due firmatari avvertono che “il rischio maggiore del successo dell’IA in medicina potrebbe essere quello di suggerire, in modo subdolo, che la medicina è solo una tecnica per guarire e non una relazione umana di cura”. “Il paziente non è un problema da risolvere – si legge nel testo – ma un mistero che rivela Cristo stesso”. Il documento cita anche l’esortazione apostolica Dilexi te di Leone XIV: “La tradizione cristiana di visitare i malati, lavare le loro ferite e confortare gli afflitti non si riduce semplicemente a un’opera di filantropia, ma è un’azione ecclesiale attraverso la quale, nei malati, i membri della Chiesa ‘toccano la carne sofferente di Cristo’”.