“A Gaza il trauma psichico ha il nome preciso di ingiustizia, di genocidio. Le immagini e i racconti che ci raggiungono ogni giorno generano anche un trauma collettivo che colpisce oltre i confini della Palestina lasciando un senso di impotenza e colpa. Stiamo assistendo a un genocidio ‘in diretta social’ a cui non possiamo restare indenni. Curare questo trauma non può significare soltanto ascoltare e offrire sostegno psicologico: significa agire, prendere posizione, scendere in piazza e pretendere giustizia”. Lo ha dichiarato Damiano Rizzi, psicologo clinico e presidente di Soleterre, in vista della Giornata mondiale della salute mentale (10 ottobre).
“I numeri parlano di uno scenario drammatico: nove bambini su dieci non riescono più a vedere un futuro, otto su dieci sono tormentati da incubi ogni notte, sette su dieci vivono in una paura costante e paralizzante, più della metà sceglie l’isolamento e quasi tutti – il 96% – percepiscono la morte come imminente (dati War Child 2024)”, ha riferito l’esperto.
“In Palestina c’è un solo psicologo ogni 22.232 abitanti. Ciò dimostra quanto sia fragile la rete di sostegno mentale in un contesto in cui il bisogno è immenso. Per questo Soleterre ha aperto un centro a Beit Jala in Cisgiordania e sta portando il proprio supporto psicologico anche a Gaza, offrendo ascolto, cura e speranza. Insieme a un gruppo di colleghi, abbiamo anche chiesto al Cnop e all’Ordine degli psicologi della Lombardia di rivolgersi formalmente al Governo, domandando con urgenza quali azioni concrete e immediate intenda intraprendere per fermare il genocidio in corso”, ha affermato Rizzi.
Specialmente in occasione della Giornata mondiale della salute mentale “bisogna ricordarsi che prendersi cura della mente significa anche difendere la dignità umana. La salute mentale, oggi più che mai, diventa una questione di giustizia”, ha evidenziato Rizzi.