“Fare della speranza non solo ideale astratto, ma tradurla in un cammino pedagogico e accessibile”. Il card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, ha sintetizzato così lo spirito del progetto internazionale “Le porte della speranza”, promosso dalla Fondazione Pontificia Gravissimum Educationis del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede e presentato oggi in sala stampa vaticana. Il progetto, ha spiegato il porporato, continua il percorso iniziato l’anno scorso con il Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia nel carcere della Giudecca, visitato da Papa Francesco e “in linea con la visione di Papa Leone – come si vedrà nell’esortazione apostolica che verrà presentata domani – nel desiderio di portare avanti l’apertura di porte, di gesti, di consapevolezze che possano dare corpo ad una vera e necessaria pedagogia della speranza”. “La Chiesa avverte la propria missione e la propria responsabilità di andare incontro alle persone detenute, per annunciare loro il Vangelo della speranza”, ha spiegato Tolentino: “Non possiamo dimenticare né le persone che sono nelle carceri né ciò che l’istituzione carceraria rappresenta. Con questa iniziativa vogliamo svegliare, in senso positivo, la nostra responsabilità di essere custodi della speranza”. Quella presentata oggi, secondo Stefano Carmine De Michele, direttore del Dipartimento di amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, “è molto di più di un’iniziativa artistica: è un cammino che attraversa simbolicamente le mura del carcere aprendole alla luce del dialogo, dell’ascolto, della bellezza e soprattutto del rispetto della dignità umana, in piena coerenza con le finalità del carcere, che non si esaurisce con lo scontare la pena, ma mira al reinserimento attraverso un processo di educazione e di crescita”. Otto “porte della speranza” verranno realizzate dai detenuti con la supervisione degli artisti, in altrettante carceri italiane (Venezia, Milano, Brescia, Napoli, Reggio Calabria, Lecce, Palermo), più due in due carceri portoghesi, rimarranno negli istituti detentivi e “saranno aperti alla cittadinanza, per instaurare un’osmosi tra dentro e fuori, tra il passato e il possibile, tra l’errore e il cambiamento, tra l’isolamento e il ritorno alla comunità”. Entro dicembre, verranno realizzate le prime due porte, nel carcere maschile di Milano e nel carcere femminile di Lecce. “È una possibilità offerta dall’opinione pubblica per entrare simbolicamente nella realtà del carcere – ha spiegato mons. Davide Milani, segretario generale della Fondazione Pontificia Gravissimum Educationis – comprendendone la necessaria funzione educativa, riabilitativa, umana, cosicché le carceri siano sempre meno luoghi dimenticati, invisibili, periferie esistenziali, ma entrino nelle preoccupazioni della comunità politica, della società civile, nella preghiera di chi vive la fede”. Nel progetto internazionale, ha reso noto il curatore, Davide Rampello, sono coinvolti non solo artisti in senso stretto, ma anche scienziati, illustratori, artigiani, incisori, cuochi di fama internazionale come Massimo Bottura (per il carcere di Palermo), architetti del calibro di Stefano Boeri, che realizzerà la porta del carcere di Brescia, e il regista Mario Martone, all’opera nel carcere di Venezia. “Il modello è quello della bottega rinascimentale”, ha spiegato Rampello, rendendo noto che dall’iniziativa verranno tratti anche un film e un libro.