Cooperazione sanitaria internazionale: Modena, un convegno con mons. Castellucci e mons. Perego

Si è tenuto presso la Sala del Centro Multimediale della diocesi di Modena, l’incontro “Salute e pace: la cooperazione internazionale socio-sanitaria oggi”, a cura della Pastorale della Salute della diocesi  di Modena-Nonantola. Un momento di confronto per capire a che punto è oggi la cooperazione internazionale e che ruolo può giocare, nel mondo, come strumento di pace e di giustizia. Ad aprire i lavori Dante Zini della Pastorale della Salute delle diocesi di Modena- Nonantola e Carpi, che ha ricordato come la cooperazione sanitaria internazionale “non debba essere una forma di colonialismo sanitario, ma un modo per promuovere uno sviluppo sostenibile e relazioni paritarie con le realtà locali”. L’arcivescovo e vice presidente della Cei, mons. Erio Castellucci ha parlato delle “strutture di bene” e di “peccato” nel mondo ed ha ricordato le tre grandi ingiustizie che mettono a rischio la salute globale: la disuguaglianza economica, la crisi climatica e la ripresa dei conflitti armati. Ma accanto a esse – ha sottolineato – ci sono anche le “strutture di bene”, rappresentate da chi costruisce relazioni di solidarietà attraverso la cooperazione internazionale socio-sanitaria.
La presidente di Focsiv, Ivana Borsotto, ha descritto il tempo presente come “un tempo di paura”: “una paura che ci chiude, che ci impedisce di vedere che fuori dai nostri confini ci sono le soluzioni ai problemi globali. La cooperazione internazionale è la chiave per affrontarli insieme”. Borsotto ha ricordato anche le criticità del Piano Mattei, riconoscendo l’importanza di un rinnovato focus sull’Africa ma sollevando il problema della trasparenza nell’assegnazione dei fondi: “Occorre garantire che la legge 125, che regola la cooperazione internazionale, non venga svuotata. Le risorse pubbliche devono rimanere accessibili attraverso bandi trasparenti”.
“Sostenibilità comunitaria è la parola chiave”, ha spiegato l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Commissione Cei per le Migrazioni. In riferimento agli 80 milioni destinati dai fondi 8×1000 della Chiesa cattolica alla cooperazione e sviluppo, le priorità sono due: progetti spin off con beneficiari esclusi e i più fragili, e l’agenda 2030. Dal 2016 al 2024 i progetti sostenuti sono stati 530 l’anno per 92 milioni di euro, così suddivisi territorialmente: 48% Africa, 28% America Latina, 20% Asia, 4% Medio Oriente ed Europa. La logica di fondo è “quella di microrealizzazioni e non macroprogetti, interventi mirati in cui l’individuo diventa protagonista”. Al convegno – promosso all’interno del festival della Migrazione –  è intervenuto anche Marco Riccardo Rusconi, direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics), che ha ricordato che “la parola pace deve guidare ogni politica di cooperazione”. A chiudere il confronto, Luca Rizzo Nervo, della Regione Emilia-Romagna, che ha ricordato come la cooperazione internazionale “sia in una fase di profonda trasformazione”: “serve un cambio di paradigma. Non possiamo limitarci a una cooperazione progettuale, ma dobbiamo costruire una cooperazione di pace. Le Regioni devono diventare piattaforme di connessione tra enti locali, università, imprese e società civile, per sviluppare partenariati duraturi e politiche realmente trasversali”. E poi un appello condiviso, si legge in una nota: la cooperazione socio-sanitaria “come via concreta di pace, capace di costruire legami tra popoli e di promuovere una cultura della corresponsabilità”.

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