Cure palliative: mons. Castellucci (Modena), “cultura più aperta” ma “sostegno economico insufficiente”

“Negli ultimi decenni la diffusione delle ‘cure palliative’, e delle ‘cure palliative precoci’, anche attraverso il moltiplicarsi degli Hospice, sta creando una cultura più aperta e positiva nei confronti della morte e del morire, attraverso un affiancamento che valorizza il tempo, lo riempie di relazioni buone e risanate, ne fa un’esperienza di dono dato e ricevuto”. Lo scrive l’arcivescovo di Modena, mons. Erio Castellucci, nella lettera alla città 2025, “Più forte della morte è l’amore – la speranza non delude”, scritta per la solennità di San Geminiano. “Queste esperienze devono essere potenziate: oggi il sostegno economico è insufficiente ed è ripartito in modo diseguale sul territorio italiano”.
Il presule sottolinea che “coloro che vi operano attestano che l’accompagnamento alla morte, sia del malato sia dei familiari, dei volontari e degli stessi operatori sanitari, può assumere una qualità e una profondità impensabili”. Evidenzia in particolare che “più si creano reti di relazione autentiche ed intense attorno alla persona che si sta avvicinando alla morte e nei suoi cari, meno si creano le condizioni per chiedere l’eutanasia o il suicidio assistito”. “La differenza, in una parola, è l’amore. Quando gli ultimi tratti del percorso della vita sono intrisi di amore dato e ricevuto, si riempiono di senso”, chiosa.

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