“Il fatto che di persone in fuga ne arrivino meno in Europa dovrebbe solo preoccuparci: vuol dire che molte più persone vengono tenute fuori dai confini europei, quindi viene meno il diritto di migrare; aumentano i respingimenti oltre che i trattenimenti in alcuni Paesi, attraverso accordi con i Paesi frontalieri (come quelli con Libia, Tunisia, Egitto, Turchia), oltre che attraverso percorsi di esternalizzazione. Siamo di fronte a un indebolimento della cultura dei diritti, soprattutto dei richiedenti asilo e rifugiati”. Lo afferma in una intervista al Sir mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e presidente della Cemi (Commissione episcopale per le migrazioni) e della Fondazione Migrantes, commentando i dati Frontex che registrano, per il 2024, un calo del 59% di arrivi irregolari di persone migranti dal Mediterraneo centrale. Si tratta della cifra più bassa dal 2021 ad oggi. In generale alla frontiere Ue si registra un -38% di tutti gli attraversamenti irregolari. “Se aumentano le persone in fuga, di fronte a nuovi e maggiori ostacoli su un percorso, vengono comunque scelte altre direzioni – osserva mons. Perego –. Ma anche questa non è una buona notizia, perché la rotta che inizialmente era stata scartata, e che poi viene percorsa in assenza di alternativa, è di solito più pericolosa. Ad esempio, proprio la rotta della Spagna e delle Canarie, il cui utilizzo è in aumento rispetto a quella del Mediterraneo centrale, ha una possibilità di morte ogni 36 persone che la tentano, rispetto a quella del Mediterraneo centrale, dove muore 1 persona ogni 40. Dato questo che, a sua volta, aumenta a causa degli ostacoli alle navi delle Ong, dell’eliminazione delle missioni di monitoraggio e salvataggio europeo etc… Questa situazione dimostra che esponiamo più persone, e soprattutto le persone più fragili, al pericolo e alla morte, anziché proteggerle e salvare loro la vita”.
Nei giorni scorsi c’è stata anche una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo contro i respingimenti al confine di terra fra Grecia e Turchia, passata quasi inosservata. “È una sentenza dal valore grandissimo – afferma il presidente della Cemi e di Migrantes –, perché è molto difficile trovare le persone respinte e riuscire a portare avanti un procedimento giuridico per dimostrare le pratiche illegali dei respingimenti attuate dai governi e dalle loro forze di polizia. Infatti, purtroppo, pratiche condannate e stigmatizzate da tempo vanno avanti. Il fatto che si sia arrivati a una sentenza rende meno possibile per gli Stati e gli apparati di polizia coinvolti continuare le pratiche illegittime in totale impunità e salvaguardare un diritto fondamentale, quale è quello di asilo”.