Sbarchi: Ass. Don Bosco 2000, “l’emergenza migranti è una chiamata alla responsabilità collettiva”

“La politica deve immaginare e attuare nuovi strumenti per affrontare l’emergenza migranti. Queste persone hanno bisogno del nostro supporto, e noi siamo chiamati a fare la nostra parte”. È quanto dichiara Agostino Sella, presidente dell’Associazione Don Bosco 2000, con sede a Piazza Armerina (En), commentando i continui sbarchi di migranti sulle coste della Sicilia e di altre regioni del Sud Italia. Tra le persone in arrivo, numerosi sono i minori non accompagnati, “stremati e infreddoliti, in fuga da fame, guerre e persecuzioni, alla disperata ricerca di un futuro migliore”. Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, i migranti provengono principalmente da Paesi come Bangladesh, Siria, Tunisia, Egitto, Guinea, Pakistan, Sudan, Eritrea, Mali e Gambia. Numeri e volti che raccontano storie di sofferenza, ma anche di speranza in una vita dignitosa. Per Sella “non è creando centri di smistamento che si risolverà l’emergenza, ma attraverso una politica seria, lungimirante e convincente, che sappia affrontare il fenomeno migratorio non solo come una questione emergenziale, ma come un’opportunità per ripensare le relazioni umane e la solidarietà internazionale”. “Non importa se gli sbarchi sono numericamente inferiori rispetto al 2023 – aggiunge –, ciò che conta è dare una risposta concreta e umana. Oggi, migliaia di uomini, donne e bambini continuano a rischiare la vita in mare per inseguire il sogno di un futuro migliore. Questo non è ammissibile in una società che si definisce civile”. Da qui l’appello a istituzioni, enti del Terzo settore e cittadini affinché “si attivino per offrire un sostegno reale e duraturo a queste persone, garantendo loro non solo un’accoglienza dignitosa, ma anche opportunità concrete di integrazione e crescita”. “Don Bosco 2000 – conclude Sella – ribadisce il proprio impegno quotidiano a favore dei migranti, con particolare attenzione ai minori non accompagnati, lavorando per costruire percorsi di accoglienza, formazione e inserimento sociale. È il momento di una presa di coscienza collettiva: di fronte alla tragedia e alla speranza di queste vite in viaggio, siamo tutti chiamati a rispondere”.

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