Cuba: Prisoners Defenders, nuovo record di prigionieri politici, 1.192 detenuti. Cresce la repressione anche contro i minori

Nel novembre 2025 la lista ufficiale dei Prisoners Defenders, ong internazionale con sede in Spagna che si occupa di difesa dei diritti umani, ha registrato un nuovo record: 1.192 prigionieri politici a Cuba. Sono 19 i nuovi casi inseriti nell’aggiornamento mensile, segno di una repressione che continua ad aumentare e che si conferma come strumento sistemico del regime per soffocare ogni forma di dissenso. Arresti arbitrari, sparizioni forzate,  e condanne sproporzionate: è questo lo schema ricorrente che, secondo il rapporto, alimenta un vero e proprio “terrorismo di Stato”. Tra i nuovi detenuti figurano 16 uomini e 3 donne, arrestati tra ottobre e novembre. Non solo attivisti, ma anche cittadini comuni, compresi un noto psichiatra e un paziente con disturbi mentali. La repressione, dunque, non colpisce soltanto i dissidenti politici, ma la popolazione in generale, aggravando le condizioni di vulnerabilità nelle carceri, già segnate da violenza, malattie e situazioni disumane di confinamento.

Il documento richiama l’attenzione anche sulla condizione dei minori. Dei 33 adolescenti inseriti nella lista dei prigionieri di coscienza, 10 si trovano ancora in carcere, mentre 23 sono stati scarcerati ma vivono sotto sorveglianza, minacce e restrizioni incompatibili con il diritto internazionale. “Non si tratta di vere liberazioni – si legge nel rapporto – ma di arresti domiciliari mascherati”. Sette dei minori ancora detenuti e 19 di quelli sottoposti a misure extracarcerarie furono arrestati durante l’esplosione sociale pacifica dell’11 luglio 2021 (11J), giornata che rimane simbolo della repressione contro la società civile cubana. La documentazione più recente evidenzia violazioni sistematiche della Convenzione sui diritti dell’infanzia e degli standard internazionali di giustizia minorile. I giovani sono perseguiti esclusivamente per motivi politici, senza prove di atti violenti, e collocati in carceri di massima gravità, come il penitenziario 1580 di San Miguel del Padrón, all’Avana. Molti di loro avevano appena 15, 16 o 17 anni al momento dell’arresto. “Punizioni ideologiche, non misure educative”, denuncia il rapporto, che sottolinea i danni fisici, psicologici e sociali subiti dagli adolescenti.

Il quadro complessivo conferma Cuba come il Paese con il più alto numero di persone verificate dal Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria, almeno dal 2019. La criminalizzazione della protesta, le condanne sproporzionate e la repressione indiscriminata si sono consolidate come strumenti centrali del regime per mantenere il potere. “La repressione non è un episodio isolato – conclude il rapporto – ma una pratica sistematica protratta nel tempo, che colpisce indistintamente attivisti, lavoratori, cittadini comuni e minori”.

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