“L’aumento vertiginoso dell’indebitamento delle economie occidentali le rende fatalmente più fragili”, avverte il Rapporto Censis. “Tra il 2001 e il 2024 nei Paesi del G7, a fronte di una stentata crescita dell’economia, il debito pubblico è lievitato dal 75,1% al 124,0% del Pil”. Il fatto che l’Italia non sia più “l’unico malato d’Europa” è una ben magra consolazione se si pensa che “nel 2030 il rapporto debito pubblico/Pil nei Paesi del G7 supererà il 137%, ritornando prossimo al livello raggiunto nel 2020 a causa della pandemia, quando sfiorò il 140%”. Ma stavolta l’emergenza sanitaria non c’è. “Il Grande Debito – sostiene il Rapporto – determina una mutazione ontologica dello Stato: da Stato fiscale a Stato debitore” e così “inaugura il secolo delle società post-welfare”. Ma senza welfare “le società diventano incubatori di aggressività e senza pace sociale le democrazie vacillano”. Sul quadro socio-economico pesa in modo determinante l’andamento demografico che “cambia volto all’occupazione”. Il Rapporto smonta la narrativa trionfalistica sull’aumento dei posti di lavoro. L’incremento di 833.000 occupati registrato nel biennio 2023-2024 – spiega il Censis – è dovuto prevalentemente alle persone con 50 anni e oltre: +704.000 (ovvero l’84,5% di tutta la nuova occupazione). Il saldo positivo nei primi dieci mesi del 2025 (206.000 occupati in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) dipende esclusivamente dai più anziani, che aumentano di 410.000 unità (+4,2%), a fronte di -96.000 occupati di 35-49 anni (-1,1%) e -109.000 con meno di 35 anni (-2,0%). Tra i giovani sono in netto aumento gli inattivi: +176.000 nei primi dieci mesi dell’anno (+3,0%).