“Caro Mario, che cosa ha attraversato la tua anima, il tuo cuore? Forse notti di silenzi troppo pesanti, domande senza risposta, la sensazione di non trovare più posto in questo mondo che corre senza fermarsi. Forse il bisogno di essere ascoltato, accolto, abbracciato senza condizioni. Non tutto possiamo capirlo, e questo è il dolore più grande”. Lo scrive il vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, mons. Sergio Melillo, dopo il suicidio di un poliziotto del Commissariato di Ariano Irpino, in una lettera aperta al morto. “Il tuo addio non è solo un dramma personale, è un interrogativo rivolto a tutti noi. Viviamo in una società che ha imparato a comunicare in mille modi, ma non sempre ad ascoltare; che sa esaltare il successo, ma non sa prendersi cura della fragilità; che celebra la forza, ma spesso dimentica chi vacilla. Il tuo silenzio ci costringe a guardare oltre l’indifferenza, sappi che Dio abita anche la notte e, nelle lacrime…”, prosegue il presule, che ricorda Cesare Pavese che scriveva con il buio nel cuore: “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi/questa morte che ci accompagna/dal mattino alla sera, / insonne sorda, /come un vecchio rimorso o un vizio assurdo”. “La morte ci insegue ci raggiunge quando ogni strada sembra preclusa. Ma non è cosi! Il tuo sguardo resterà in noi come ferita, ma anche come ultimo appello a non sviare la vita: a non lasciare più nessuno solo, a cambiare il nostro modo di essere comunità, a costruire un mondo dove l’amore conti più dell’apparenza, la prossimità più della corsa, la speranza più del cinismo”, afferma il vescovo, per il quale “la fede ci consola”: “Crediamo che oggi sei avvolto da quella luce, da un abbraccio che nessun dolore terreno poteva darti. In Dio la tua anima non è perduta, ma custodita. Il tuo cuore ha attraversato entusiasmi e tempeste, desideri e sogni, la tua vita ora ci consegna una missione: aprire gli occhi, accorgerci degli altri, imparare ad ascoltare anche i silenzi. Perché il mondo diventi più umano, più vero, più capace di speranza”.