1.010 attacchi diretti, l’espulsione di 302 leader religiosi, il furto di almeno 36 proprietà e il divieto di 16.564 processioni dall’aprile 2018. Questi i dati relativi alla prolungata persecuzione subita dalle autorità di Governo da parte della Chiesa cattolica del Nicaragua, nelle sue diverse espressioni. Lo si legge nella nuova edizione, presentata ieri, dello studio “Nicaragua: Una Chiesa perseguitata” della legale e attivista Martha Patricia Molina.
L’attività contro la Chiesa, da parte del regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo, come è noto, è iniziata nell’aprile 2018. Secondo i dati di Molina, ha raggiunto il suo apice nel 2023, quando sono state registrate 321 azioni ostili. Quest’anno, fino al luglio 2025, Molina ha documentato 32 attacchi. Pochi, rispetto agli ultimi anni, ma l’attivista sottolinea con chiarezza che la riduzione delle aggressioni non equivale a un allentamento della pressione, piuttosto si tratta del segnale che la Chiesa è ormai estremamente debole e sfibrata, a causa di repressione implacabile.
I sacerdoti, secondo Molina, vivono in un silenzio forzato: non possono denunciare gli abusi o la costante sorveglianza, perché le minacce della Polizia nazionale sono chiare: “Chiunque parli va in prigione e viene bandito”. Anche i fedeli laici sono costretti al silenzio da un controllo asfissiante.
Sono 302 leader cattolici costretti all’esilio, espulsi o impossibilitati a esercitare la loro missione pastorale: si tratta di 4 vescovi di diocesi nicaraguensi, il nunzio apostolico, 149 sacerdoti, 3 diaconi, 13 seminaristi e 132 religiose. Restano attive le pressioni economiche: beni confiscati, conti bancari congelati, tassazione arbitraria e restrizioni di ogni tipo sono ancora in vigore. Le scuole e congregazioni ancora in attività sono costrette a collaborare alle attività dello Stato sotto la minaccia di rappresaglie. Tutto questo avviene in un Paese dove la censura è totale.
In tale contesto, Papa Leone XIV ha ricevuto sabato scorso in udienza privata i vescovi nicaraguensi esiliati Silvio Báez, ausiliare di Managua; Carlos Herrera, vescovo di Jinotega e presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua; Isidoro Mora, vescovo di Siuna. Si tratta del primo incontro di Papa Leone con i vescovi cattolici perseguitati ed esiliati dal regime. “Abbiamo parlato a lungo del Nicaragua e della situazione della Chiesa in particolare. Mi ha incoraggiato a continuare il mio ministero episcopale e mi ha confermato come vescovo ausiliare di Managua”, ha scritto mons. Báez sui suoi social network. Il presule ha ringraziato il Papa “di cuore per la sua accoglienza fraterna e le sue parole di incoraggiamento”.