Adolescenti: Piccolo (psicologo), “attenzione al ‘Sunburn Challenge’, modo per riempire un vuoto e per sentirsi vivi”

Il Sunburn Challenge è la moda del momento fra i ragazzi: restare sotto il sole fino a procurarsi una bruciatura evidente, per poi mostrarla sui social. Autolesionismo? Ricerca di visibilità? Ad interrogarsi è lo psicologo del profondo Marco Piccolo, secondo il quale alcuni comportamenti nascono da “un’anestesia del desiderio, dalla ricerca di un’intensità che riempia il vuoto e la sensazione di non esserci. Il dolore della bruciatura sulla pelle, allora, può diventare un ‘contenitore sostitutivo’: ricorda che esistiamo e che tutti possono vederci”. A questo, osserva, si aggiungono altri elementi. Anzitutto “il corpo come messaggio diretto a un bersaglio inconscio: dietro il procurarsi un Sunburn potrebbe nascondersi la difficoltà a percepire il corpo come parte del proprio sé, ma come un oggetto separato sul quale esercitare potere. Questo può riflettere una frammentazione dovuta a un attaccamento non sicuro con i genitori, fino a contenere un attacco inconscio a chi ha dato un corpo, ma non l’amore”.
Quindi “la dimensione esibizionistica e di protesta: la ferita – osserva Piccolo – deve essere visibile e urlare”. Infine le dinamiche femminili transgenerazionali: “Oggi molte madri mantengono in età adulta atteggiamenti e comportamenti tipici dell’adolescenza, come la ricerca spasmodica di approvazione fisica o la competizione implicita con le donne di generazioni precedenti (le figlie!). Non è un caso che il fenomeno riguardi in larga maggioranza le ragazze. In questo contesto, la Sunburn Challenge può diventare un modo per ‘giocare’ sullo stesso piano della madre, ottenendo attenzione, riconoscimento oppure differenziandosi da lei”.
Per lo psicoterapeuta il segno della scottatura rischia di diventare “il segno di vuoto, una scottatura che però passa in pochi giorni, lasciando il senso di mancanza di prima”. La psicologia psicodinamica, che lavora nel profondo, “può aiutare a comprendere e analizzare come mai un gesto apparentemente innocente possa essere l’unico modo per sentirsi vivi. La domanda è: se questo è l’unico modo che trovi per sentirti viva, cosa ti è stato tolto, o non ti è mai stato dato, che possa farti sentire viva senza dover soffrire?”, conclude Piccolo.

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