Quaresima: p. Pasolini, “prima viene la morte dell’anima e poi la morte biologica”

“Come mai non riusciamo ad accorgerci che la vita è qualcosa di eterno fin d’ora?”. È la domanda che ha fatto da sfondo alla meditazione di padre Roberto Pasolini, predicatore della Casa Pontificia, questo pomeriggio in Aula Paolo VI, per gli esercizi spirituali della Curia Romana, a cui il Papa ha assistito tramite un collegamento video. “Noi siamo già morti, ma non ce ne siamo accorti a causa del peccato”, la risposta “sorprendente e che ci lascia interdetti” del Nuovo Testamento e di San Paolo, il quale riprende un’idea già presente nel libro della Sapienza. Una risposta, questa, che sembra esemplificare “come e quanto possiamo essere insensibili al dono della vita eterna: abbiamo orecchi ma non riusciamo a intendere, abbiamo occhi e non riusciamo a vedere”. “La vita eterna non è soltanto qualcosa che domani ci accadrà, ma è il gusto amaro che la vita comincia ad avere oggi”, ha spiegato il frate cappuccino. “Noi siamo già morti, perché se il peccato vuol dire fallire l’obiettivo della nostra umanizzazione secondo il disegno di Dio, tutte le volte che ci accade questo è come se fossimo morti, cioè non noi stessi”. “A un primo livello, capiamo la morte quando non riusciamo a cogliere gli errori della nostra vita. Ma c’è un livello anche più profondo di questo gusto di morte: la nostra sfiducia nei confronti della vita, degli altri e magari anche di Dio. Anche se per noi che ci diciamo cristiani questo livello è molto difficile da riconoscere”. Di qui l’attualità dei primi capitoli della Genesi, in cui Dio rivela all’uomo che “la vita è garantita”, perché ce la dona lui, “ma non è una risorsa illimitata: se desideri accogliere questo dono, devi anche accettare di non conoscere tutto, di controllare ogni cosa, devi lasciare zone d’ombra intorno al tuo sguardo, altrimenti la vita diventa per te come un morire”. Per il predicatore della Casa Pontificia, “i momenti davvero rischiosi della nostra vita non sono quelli in cui, cercando di capire, abbiamo fatto qualche errore: fa parte del progredire di tutti, ogni processo ha bisogno di una maturazione lenta e tortuosa. Quando ci siamo illusi di poter esercitare un controllo assoluto sulla nostra vita o su quella degli altri, lì abbiamo toccato la morte. La morte dilaga non quando facciamo un errore, ma quando, dopo aver sbagliato, ci chiudiamo, impedendo all’errore di manifestarsi anche come luogo di redenzione o di rinascita. La vita diventa un morire, anche se all’esterno sembriamo vivi e vegeti. Siamo morti che sembrano vivi, e fatichiamo ad ammetterlo”. C’è, in altre parole, una morte biologica e una morte dell’anima. Di solito le mettiamo in quest’ordine, che invece per Pasolini va invertito: “prima viene la morte dell’anima, che tutti abbiamo assaggiato a causa del peccato. Poi c’è la seconda morte, quella biologica, verso cui siamo tutti incamminati. La prima morte è un indebolimento dell’anima, una perdita di senso che ci isola e ci deprime. Ma agli occhi di Dio non è una fine, è il drammatico esordio della nostra libertà. Svela il senso di ogni nostro giorno: noi moriamo ogni giorno, ma per Dio non è il punto della fine, è il luogo dove la sua voce torna a raggiungerci con delle domande: dove sei?”.

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