Santi e sport: mons. Sánchez de Toca (Santa Sede), “fare dell’allenamento o della gara una preghiera” perché “Dio si trova anche tra le piste da sci o di tartan”

Foto Pasqualin/SIR

“Non vi è luogo o ambiente nel mondo sportivo dove Dio non possa trovarsi, tranne nei sotterranei del doping, del match fixing, dell’abuso degli e delle atlete, e nella negazione dei diritti umani di quanti lavorano in quel mondo”. Anzi, “Dio lo si trova anche tra le piste, da sci o di tartan, tra il parquet e il tatami, insomma laddove si pratica sport”. Ne è convinto mons. Melchor Sánchez de Toca y Alameda, relatore del Dicastero delle Cause dei santi, che la sera del 16 gennaio ha tenuto a Treviso la conferenza “I santi e lo sport”, nell’ambito dei Giovedì della cultura, appuntamenti settimanali ospitati a Casa dei Carraresi. Presente all’incontro anche il vescovo, mons. Michele Tomasi.

Mons. Sanchez e mons. Tomasi – Foto Pasqualin/SIR

Nel ripercorrere la scarsa considerazione nell’Antico e nel Nuovo Testamento, se non addirittura la diffidenza, per l’attività sportiva, che comunque “è una categoria antropologica fondamentale”, mons. Sánchez de Toca richiama tuttavia l’immagine che la sapienza traccia di sé stessa nel capitolo 8 del libro dei Proverbi definendosi “la delizia” di Dio e affermando: “giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre”. Ma lo sport, sottolinea ancora il relatore, esercita il proprio fascino anche su san Paolo che nella seconda lettera ai Corinzi utilizza due metafore sportive – la corsa allo stadio e la lotta – proponendo l’attività agonistica come modello per la vita cristiana. E se san Tommaso sostiene la necessità di “tempi di svago da dedicare ai giochi”, sono i grandi educatori cristiani, da san Giovanni Bosco al beato Pino Puglisi, ad intuire le potenzialità educative e il valore etico dello sport. E non mancano i papi: da san Pio X, il “papa della bicicletta” a san Giovanni Paolo II, nuotatore, sciatore e alpinista.
Ma la vita cristiana (e la santità) sono compatibili con lo sport? “Decisamente sì”, la risposta di mons. Sánchez de Toca. Coniugare santità e sport, spiega, “significa aspirare a una vita piena secondo il Vangelo dall’interno dello sport, non aggiungendovi cose dall’esterno. Non si tratta di fare una preghiera prima di una gara, o di un allenamento, cosa certamente molto bella, ma di fare dell’allenamento o della gara una preghiera”. Insomma, “che si corra, che si salti, che si nuoti o si vada in bicicletta, qualsiasi cosa facciamo quando facciamo sport, la facciamo per la gloria di Dio”, e “la migliore preghiera sarà sempre fatta con le gambe, i polmoni e il cuore – in questo caso, il muscolo – piuttosto che con le labbra. E certamente – assicura – farà sorridere Dio”.
Infine una breve carrellata dei “santi dello sport”. Tra loro, oltre a san Giovanni Bosco e ai due Pontefici già citati, due giovanissimi: il beato Pier Giorgio Frassati, alpinista e sciatore, che sarà canonizzato quest’anno durante la Gmg, e la beata Chiara Luce Badano, sciatrice, nuotatrice e tennista.

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