Terra dei fuochi. Mons. Di Donna: “L’educazione alla custodia del Creato fa parte dell’annuncio del Vangelo”

Al termine del Pellegrinaggio giubilare di speranza sulle orme della Laudato si’, promosso dalla Conferenza episcopale campana e che ha attraversato le diocesi più colpite dai problemi ambientali, il presidente della Cec invita a sensibilizzare le coscienze, inserendo questo tema nella predicazione e negli itinerari della fede

(Foto Cec)

Da Pompei a Napoli, passando attraverso l’arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia, la diocesi di Nola, di Acerra, di Aversa, di Caserta, di Teano Calvi, di Sessa Aurunca, l’arcidiocesi di Capua e la diocesi di Pozzuoli: sono le tappe che hanno scandito il Pellegrinaggio giubilare di speranza sulle orme della Laudato si’, promosso dalla Conferenza episcopale campana (Cec) per celebrare i dieci anni dell’enciclica sulla cura della Casa comune e gli 800 anni del Cantico delle creature. Per un bilancio dell’iniziativa parliamo con mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Cec.

(Foto di Luigi Buonincontro)

Eccellenza, com’è andata l’iniziativa?

Gli obiettivi sono stati raggiunti perché il Pellegrinaggio giubilare è stato il punto di arrivo dell’impegno di questi anni, un impegno che risale ad anni lontani, ben prima della Laudato si’. L’enciclica di Papa Francesco nel 2015 ha dato impulso e vigore, ma l’impegno delle nostre Chiese risale almeno a una ventina di anni fa. Il Pellegrinaggio ci ha offerto la possibilità di fare un bilancio del cammino compiuto.

Ora si tratta di continuare il cammino intrapreso, di far crescere ancora di più la sensibilità della gente e dei nostri fedeli alla cura del Creato

e di impegnarci in alcuni aspetti: di vigilanza, di denuncia, di formazione delle coscienze, di coordinamento da parte delle nostre Chiese e anche degli altri soggetti che dovrebbero essere impegnati nella questione, come cittadini, istituzioni, movimenti, comitati, Medici per l’ambiente. Il Pellegrinaggio è stato una conferma del cammino compiuto, ma occorre fare ancora tanto. Siamo appena agli inizi di un’opera immane di sensibilizzazione.

(Foto Cec)

Al termine del Pellegrinaggio, il 31 maggio a Napoli, i partecipanti hanno diffuso un messaggio, nel quale, tra l’altro, chiedono a voi la denuncia profetica e sistematica degli scempi ambientali, della collusione, dell’omertà, della corruzione…

Dobbiamo essere ancora più concreti. La denuncia fine a se stessa è sterile.

Occorre collaborare anche con le istituzioni.

La denuncia viene in momenti di crisi, quando le istituzioni – la Regione, i Comuni – vengono meno ai loro compiti. Oggi le istituzioni stanno rispondendo in un certo modo. C’è un bel dialogo con la Regione. Il Governo ha nominato il commissario per le bonifiche. Se le cose non dovessero andare come previsto, noi saremo sempre i primi a tenere alta l’attenzione.

Ci sono anche altre richieste dei pellegrini a voi vescovi, come la creazione di un servizio di Custodia del Creato e l’inserimento delle tematiche ambientali nella vita ordinaria della Chiesa…

Molte diocesi non hanno o hanno solo sulla carta un Ufficio per la cura del Creato. Occorre creare un Ufficio che educhi le nostre comunità, già ci stiamo impegnando su questo. L’altra richiesta è chiedere ai nostri preti di fare entrare questi temi nella predicazione. La Laudato si’ è sconosciuta ancora in gran parte delle nostre comunità. Far entrare l’educazione alla custodia del Creato insieme a quella della giustizia e della pace nelle catechesi ordinarie, nel cammino della prima Comunione, negli itinerari di fede ordinari delle nostre comunità è importante. Questo lo stiamo dicendo già da tanto tempo noi vescovi. Altrimenti, avviene che la sensibilità verso la custodia del Creato, la conoscenza della Laudato si’ diventi appannaggio solo di alcune élite ecclesiali, ma poi di fatto è assente nella moltitudine dei credenti, delle parrocchie. Questo è molto grave: si creerebbero due cammini paralleli, quello “comune” delle parrocchie e quello più particolare dei gruppi Laudato si’ o di altri che hanno la sensibilità verso la cura del Creato. Non mi stanco mai di dirlo:

l’educazione alla custodia del Creato non è una cosa a parte dall’annuncio del Vangelo. No, è parte integrante dell’evangelizzazione.

Noi crediamo in un Dio Creatore del cielo e della terra, lo ripetiamo ogni domenica nel Credo, la Bibbia ha pagine stupende sulla Creazione, sul Giardino. Questo tema rientra nell’annuncio del Vangelo, come del resto l’impegno della giustizia. Evangelizzazione e promozione umana, Vangelo e carità. Quella “e” è molto importante, invece c’è ancora separazione tra i due ambiti. Non andiamo lontano quando la fede si riduce solo alle sagrestie e alle cose sacre, ma non entra nel vissuto della gente.

Cosa pensa della proposta di costituzione di un Osservatorio permanente interdiocesano di riflessione, studio, proposte e azioni sulle tematiche socio-ambientali?

Io credo che non sia una questione di strutture, dobbiamo educare le coscienze. Dovrebbe bastare già una struttura: l’Ufficio diocesano per l’educazione alla custodia del Creato. Se già funzionasse quello sarebbe un passo importante. Poi è chiaro che ci sono forme di comunione tra le diocesi: il Pellegrinaggio stesso è stato preparato dai responsabili delle varie diocesi. Da dicembre hanno lavorato insieme per raggiungere questa meta. Questo è un segno di comunione. Costituire un ente lascia il tempo che trova,

è importante avere delle forme di comunione, di cammino tra le diocesi.

Ci saranno altri Pellegrinaggi in futuro?

Dobbiamo individuare altre forme di comunione. Nel 2025 il Pellegrinaggio è stato scelto perché siamo nell’Anno Santo. Il Pellegrinaggio è tipico del Giubileo. Non c’è solo il Pellegrinaggio a Roma, il Pellegrinaggio è la metafora della vita. L’importante ora è camminare insieme.

Quanto è diffusa, secondo lei, nella società la consapevolezza che la custodia del Creato è cruciale oggi?

Siamo ancora all’inizio di una crescita di sensibilità. Bisogna insistere fortemente e non sottovalutare che il cammino è tutto in salita, bisogna combattere anche contro la rassegnazione, che è una minaccia costante. Se le istituzioni non provvedono alle bonifiche, è chiaro che la rassegnazione cresce. Bisogna combattere anche contro uno stile di vita di “non educazione”. Non ce la prendiamo solo con le leggi e le istituzioni; anche il singolo cittadino deve rispettare la pulizia del Giardino. Serve una rivoluzione culturale.

La Campania è una regione eterogenea: c’è una grande città come Napoli, cittadine turistiche lungo le coste che si affollano d’estate, tante aree interne dove c’è tanto verde ma anche spopolate: queste diverse situazioni di partenza possono rendere più difficile far crescere in tutta la popolazione campana la sensibilità verso la Casa comune?

Bisogna certamente mettere insieme le diverse anime della Regione, ma se non si riesce è fondamentale che non si faccia di un’area – quella tra Napoli e Caserta – il polo dell’immondizia, salvaguardando le altre zone. Ciò sarebbe nefasto. Per questo è importantissima l’opera educativa in tutta la regione a cui sono chiamate tutte le diocesi, non solo quelle che hanno problemi ambientali.

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