Progetto Orientamento Giovani: l’esperienza della fragilità al Don Guanella

Nato per aiutare gli studenti a scoprire e valorizzare la propria unicità, il Pog propone un’esperienza formativa che unisce riflessione, condivisione e sperimentazione concreta. Attraverso attività in aula, laboratori e incontri con realtà significative come il Don Guanella, l’obiettivo è accompagnare i giovani nel confronto con sé stessi e con gli altri, per affrontare con maggiore consapevolezza le scelte future.

“C’è un momento in cui il confine tra chi ‘dà’ e chi ‘riceve’ si dissolve. È quello che accade ogni volta che i ragazzi delle scuole varcano la soglia del Don Guanella, centro di abilitazione per persone con disabilità, per vivere l’esperienza del Progetto orientamento giovani (Pog). Un’esperienza che non si può spiegare, si deve attraversare”. A raccontarlo al Sir è Hortensia Honorati, responsabile del Pog, un percorso di auto-orientamento rivolto ai ragazzi dai 16 ai 20 anni. Nato per aiutare gli studenti a scoprire e valorizzare la propria unicità, il Pog propone un’esperienza formativa che unisce riflessione, condivisione e sperimentazione concreta. Attraverso attività in aula, laboratori e incontri con realtà significative come il Don Guanella, l’obiettivo è accompagnare i giovani nel confronto con sé stessi e con gli altri, per affrontare con maggiore consapevolezza le scelte future. “Il Pog non offre risposte preconfezionate – spiega Honorati – ma favorisce la nascita di domande autentiche, stimolando il dialogo tra fragilità e talento, tra crescita personale e responsabilità sociale”. Ma al di là delle finalità educative, ciò che colpisce è la dimensione umana di questo incontro. Il Don Guanella non è un semplice centro, ma uno spazio in cui il concetto di fragilità viene accolto e trasformato. “Che cos’è il Don Guanella? È un centro di abilitazione per persone con disabilità. Qui si lavora molto sul concetto di fragilità, di limiti, ma anche di talenti.

L’idea è far fare ai giovani un’esperienza di contatto con la fragilità vera, perché nell’incontro con il fragile esterno, inevitabilmente incontri anche la tua fragilità”.

Non si tratta di pietismo o buoni sentimenti, ma di una verità semplice e concreta, conclude Honorati: “Se dai il permesso di esistere a chi è fragile e ci vuoi entrare in contatto — anche solo giocando — riesci ad accettare anche le tue vulnerabilità. Questo valore aggiunto potenzia il percorso del Pog e, allo stesso tempo, valorizza l’esperienza del volontariato”.

Crescere insieme: ragazzi e ospiti. Ciò che emerge con forza dall’esperienza al Don Guanella è la reciprocità. Non esistono “benefattori” e “assistiti”. Esistono persone che si incontrano. I ragazzi delle scuole si confrontano con un mondo che spesso è ai margini della loro quotidianità e, nell’incontro, scoprono una parte di sé.

“Alla fine di questi percorsi – raccontano i promotori del progetto – succede una cosa semplice ma potente: i ragazzi del centro stanno meglio. Spesso, dopo aver incontrato i giovani, non hanno crisi comportamentali. Perché sono felici. Hanno giocato, si sono relazionati. E i ragazzi delle scuole crescono. Hanno incontrato una parte della società che magari non conoscevano o evitavano di guardare”.

Questa trasformazione è tangibile, anche nei gesti più piccoli. “Il laboratorio di benessere, ad esempio, non è solo una questione estetica. Farsi sistemare i capelli, prendersi cura di sé, sono gesti che danno dignità e migliorano la qualità della vita, proprio come per chiunque di noi”.

Una realtà che si chiama Borgo. Il Don Guanella oggi ospita circa 219 residenti, 60 persone frequentano il centro diurno e circa 120 bambini seguono percorsi terapeutici. Numeri che raccontano una comunità viva, dinamica. “Per questo chiamiamo questa realtà ‘Borgo Guanella’: non è solo una casa, ma un vero e proprio borgo, con laboratori, abitazioni, muri, spazi di vita. C’è anche un sogno di espansione: sviluppare una fattoria, creare un locale aperto all’esterno, dare nuove opportunità”. Ma il borgo, sottolineano i responsabili, esiste già. “È una realtà che si costruisce ogni giorno, in ogni relazione che nasce e cresce”. Un ruolo chiave in questo percorso lo ha il primo punto di accoglienza per le scuole.

“I ragazzi sanno che possono venire qui, fermarsi, studiare, condividere. Anche semplicemente mangiare insieme. Chi viene qui deve prima di tutto fermarsi e ricevere, non dare per forza qualcosa”.

L’incontro che lascia il segno. L’approccio è chiaro: non si viene al Don Guanella per “fare il bene”, ma per vivere un incontro alla pari.

“Non facciamo ‘servizio’ nel senso di ‘io sono meglio di te e ti aiuto’. Non esiste il ‘poverino’. Esiste il mettersi accanto, giocare insieme, condividere.

Questo è il messaggio che vogliamo trasmettere”.  E i ragazzi delle scuole lo capiscono subito, raccontano gli operatori che vivono con loro questa esperienza. “Tornano a casa arricchiti. È una piccola magia. Non si tratta solo di ‘stare bene’, è proprio una trasformazione. Anche le emozioni difficili, come l’imbarazzo o la paura, vengono accolte e trasformate in crescita”. Una crescita che non avviene per caso. Prima di entrare in contatto con gli ospiti, i giovani seguono un percorso di preparazione. “Senza questa fase, si rischierebbe di ridurre tutto a una visita sterile, come uno ‘zoo’. Ma non è questo il nostro obiettivo. Noi proteggiamo e valorizziamo ogni emozione che emerge, perché sappiamo che da lì passa la crescita”. La bellezza di questo progetto sta proprio nella sua semplicità: si basa sull’incontro vero, sull’accoglienza reciproca, sulla possibilità di guardare l’altro negli occhi senza barriere. E di scoprire, in quello sguardo, un riflesso di sé.

 

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