“Chiunque è posto come sentinella del popolo deve stare in alto con la sua vita, per poter giovare con la sua preveggenza. Non mirare soltanto in alto per protagonismo o avidità di potere, ma per assumere responsabilità a servizio del bene comune”. Con queste parole l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, ha ricordato oggi in cattedrale il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo, nel 43° anniversario della strage di via Carini.
Riprendendo l’immagine biblica della “sentinella” e accostandola alla memoria di san Gregorio Magno, il presule ha evidenziato una “specularità di vita” tra il prefetto Gregorio e il prefetto Dalla Chiesa, entrambi capaci di vivere le istituzioni come servizio alla comunità. “Stare in alto con la vita – ha aggiunto – significa mettersi in gioco per gli altri, indossare il grembiule del servizio e non lo scettro del potere”.
Nell’omelia mons. Lorefice ha richiamato anche le parole del cardinale Carlo Maria Martini alle esequie milanesi di Dalla Chiesa, ricordando “la sua sincera fede in Dio, non ostentata, ma radicata nell’animo, e la forte passione per il dovere, con la certezza che il male può e deve essere vinto”. “Ci siamo riuniti – ha proseguito – per rendere onore a Carlo Alberto, Emanuela e Domenico, che per il nostro Paese e per la nostra Palermo non si sono tirati indietro di fronte al sacrificio fino all’effusione del sangue. Li ricordiamo non solo per commemorarli, ma per imitarli, assumendo la loro stessa fedeltà e dedizione”.
Il presule ha infine ammonito che “su chi fu colpevole, mandante, connivente o indifferente grava la condanna e la riprovazione”, ricordando che “saremo giudicati sull’amore, su quanto abbiamo donato la nostra vita per i piccoli e i poveri”. E ha concluso: “Grazie, Signore, per questi testimoni di amore. Grazie Carlo Alberto, Emanuela e Domenico”.