Si è concluso con l’ideazione da parte di ciascuna famiglia di un impegno “smart” (semplice, misurabile, adeguato, realistico e tangibile) per portare concretamente semi di speranza, ognuno nella propria realtà di provenienza, il campo-famiglie organizzato dalla segreteria dell’Ufficio di Pastorale familiare dell’arcidiocesi di Fermo che si è svolto a Porte di Rendena dal 10 al 15 agosto. All’esperienza, dedicata al tema “Famiglia: laboratorio di speranza”, hanno partecipato – si legge in un comunicato diffuso oggi – 67 persone, tra adulti e bambini, provenienti principalmente dal territorio diocesano, ma anche da Torino, Imola e Vicenza. Sono stati, viene spiegato, sei giorni all’insegna della condivisione, del relax e della riflessione su come la famiglia cristiana oggi può essere segno di speranza per il mondo che la circonda. Le coppie, infatti, si sono interrogate, grazie anche ad input e testimonianze (realtà trentine, ma anche un collegamento con una coppia dell’arcidiocesi in missione in Etiopia) su come nella realtà odierna fatta di fragilità, crisi e incertezze, possano compiere gesti concreti di speranza per coloro che incontrano ogni giorno, nei diversi ambiti di vita. Contemporaneamente ai genitori, anche i figli hanno riflettuto – attraverso attività adatte alla loro età – su cos’è la speranza per loro e su come ognuno può esserlo per gli altri. Inoltre, in ogni giornata è stato dedicato un tempo per scoprire le meraviglie del Parco Adamello Brenta di cui si era ospiti: tra passeggiate nel parco, escursioni in vetta e bagni al lago si è avuta la possibilità di condividere esperienze, racconti, merende e conoscersi meglio tra famiglie. Menzione speciale – viene sottolineato – per i 9 giovani (tra i 16 e i 21 anni) che hanno scelto di svolgere gratuitamente il servizio di animazione per i figli presenti al campo e per tutte le famiglie, proponendo anche un’animazione serale divertente e coinvolgente per tutti. Senza di loro il campo non sarebbe stato possibile.