Diocesi: mons. Trevisi (Trieste), “stop alla guerra a Gaza, in Sudan e nel mondo. Spazio al dialogo, alla preghiera e alla riconciliazione”

“La guerra è sempre stata un orrore. E a pagarne le conseguenze non sono stati solo gli eroi e i patrioti, ma la povera gente, spesso civili inermi di tutte le età: uccisi, deportati, reclusi, seviziati, lasciati morire di stenti, infezioni, fame. Anche nelle guerre di questi nostri giorni si ripetono orrori senza fine. Questo a Gaza, ma anche in altre parti del mondo, anche se i telegiornali non ci mostrano immagini. Nulla ci viene detto della catastrofe umanitaria del Sudan, per esempio. E assai poco delle sevizie dei russi sui prigionieri di guerra ucraini e sul rapimento dei bambini ucraini. Sulla pace nel Congo abbiamo sperato e poi siamo stati delusi e ora di nuovo speriamo…”. Lo scrive il vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, in una lettera in cui lancia un appello per la pace a Gaza, in Sudan e nel mondo.
“Siamo inorriditi e ci sentiamo impotenti per quanto sta avvenendo a Gaza, perché con pertinacia non si vuole lasciare spazio alla diplomazia ma insistere con lo sterminio, fatto di bombe e di fame, e di bombe su chi ha fame e di ostaggi usati come ricatto”, afferma il presule, che aggiunge: “Chiediamo allo Stato di Israele, ma chiediamo anche ad Hamas, di togliere l’assedio alla popolazione civile palestinese. Entrambi sono colpevoli di quanto sta succedendo, perché intestarditi a vincere a qualsiasi costo, causando la morte, la strage, l’eccidio di bambini, di donne, di anziani… di uomini della cui vita dovranno rispondere a Dio”.
Poi l’esortazione: “Non stanchiamoci di pregare. Non abituiamoci a ciò che è inumano e incivile, a ciò che contraddice il disegno di Dio sull’umanità. Domenica invito tutti, in ogni Chiesa, in ogni realtà civile, in ogni famiglia a un momento di preghiera, a un momento di silenziosa indignazione con cui manifestiamo la nostra decisa riprovazione. Abbiamo appena celebrato l’anniversario dell’eccidio di Srebrenica: che i nostri figli, le nostre comunità possano almeno custodire la memoria di aver lottato, pregato, combattuto contro quanto sta avvenendo e che passerà alla storia come un crimine contro l’umanità. I politici richiamino gli ambasciatori per un consulto, la società civile alzi la sua voce, le religioni promuovano dialogo e conversione, le imprese le Università sollecitino le controparti a una pressione perché la diplomazia riprenda vigore immediato, perché da subito siano distribuiti cibo e acqua e smettano le violenze”.
Il vescovo auspica che “ogni diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro. Ogni comunità diventi una ‘casa della pace’, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa”.
Mons. Trevisi conclude: “Le nostre comunità e famiglie siano ‘case della pace’. Con chi ci sta programmiamo percorsi di educazione alla pace e alla non violenza. Anche a Trieste si moltiplichino gli operatori di pace e di giustizia, di riconciliazione e di vero dialogo. Per noi, Gesù, il Maestro, è la luce su tale cammino. Ma con tutti gli uomini e le donne di buona volontà siamo chiamati a metterci in discussione e a convertirci per divenire in ogni ambiente di vita operatori di pace e di riconciliazione”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia