“Francesco ci ha insegnato a uscire dalle logiche del consenso e dell’abitudine, dall’alibi dello scoraggiamento e del compiacimento, dalla tentazione di giudicare senza amare, di scambiare il dialogare con l’assecondare la mentalità comune”. Lo ha detto il card. Matteo Zpi, arcivecsovo di Bologna e presidente della Cei, nell’introduzione al Consiglio permanente dei vescovi italiani.” Ci ha spronato a essere una Chiesa materna, inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti, raccomandandoci l’eloquenza dei gesti”, ha proseguito il cardinale: “Ha chiesto a tutti di parlare di Cristo, ha parlato di Cristo con commovente insistenza e tanta sapienza umana, riproponendo l’essenzialità del kerygma, da cuore a cuore, mostrando l’umanità del Vangelo perché incontri oggi la ricerca di speranza, di senso, di futuro delle persone. Ci ha chiesto di farlo senza paura e senza supponenza, forti della santità, sempre con quella simpatia che attrae, comunica, crea relazioni con tutti, senza paura di farsi contaminare perché con identità chiara e con purezza di cuore, mettendo in circolo la fede nelle vene dell’umanità”. “Questo è possibile, certo, con l’equilibrio del discernimento, ma solo se sbilanciati dalla compassione che spinge a essere inquieti per cercare la pecora che si è perduta”, la raccomandazione del presidente della Cei. Francesco, inoltre, “ci ha ricordato che i poveri sono i preferiti e non sono utenti e che servirli è richiesto a tutti ed è amore, ben diverso da attività meramente sociale”: “Ha difeso la vita dal suo inizio al suo compimento, in ogni sua stagione e di tutti, indicando il valore della persona non in categorie astratte ma perché fratelli tutti”.