“Sono trascorsi due mesi da quando, il 2 marzo, Israele ha nuovamente imposto il blocco all’ingresso di aiuti e prodotti indispensabili per tenere in vita la popolazione palestinese della Striscia di Gaza. È l’uso della fame come arma di guerra”. Lo denuncia Amnesty International per la quale “questa punizione collettiva costituisce un ulteriore esempio dell’intenzione genocida israeliana di imporre condizioni di vita atte a causare la distruzione fisica dei civili palestinesi”. L’organizzazione per i diritti umani ha raccolto nelle ultime settimane una serie di “agghiaccianti testimonianze”, a Gaza City e a Beit Lahia, “su cosa vuol dire cercare di sopravvivere in queste condizioni”. “Della estrema scarsità di cibo – aggiunge Amnesty – c’è chi approfitta per accumulare o rubare le poche scorte rimaste così come chi impone commissioni fino al 30% per fornire contanti. Hamas non ha preso alcun provvedimento contro questi sfruttatori e speculatori e ciò ha spinto molte persone, soprattutto a Beit Lahia, a scendere in strada per protestare e chiedere la fine della sua amministrazione. La maggior parte della popolazione fa affidamento sulle sovraffollate cucine comunitarie, dove le persone sfollate fanno ore di fila per ricevere sì e no un pasto al giorno”. La crisi alimentare, spiega l’organizzazione, “ha un impatto particolarmente devastante sui neonati, sulle madri in allattamento e su quelle in gravidanza”. Secondo l’Ocha, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli aiuti umanitari, il 92% di questi gruppi vulnerabili non raggiunge il minimo necessario del fabbisogno nutrizionale. I danni alle infrastrutture idriche prodotti dagli attacchi israeliani hanno ridotto anche la disponibilità dell’acqua. Mancano il gas da cucina e il legname ha raggiunto costi impossibili. Così si bruciano mondezza e pezzi di nylon, con danni respiratori soprattutto per le donne che preparano il fuoco. Col sistema sanitario della Striscia di Gaza praticamente distrutto da Israele e il blocco degli aiuti, le cure mediche sono inesistenti. I medici dell’ospedale pediatrico al-Rantissi di Gaza City, che in qualche modo aveva ripreso a funzionare durante la tregua, hanno spiegato cosa significa tutto questo: “Siamo l’unico ospedale della Striscia di Gaza che fa dialisi alle bambine e ai bambini. Ma non è rimasto più nulla, comprese le fistule arterovenose con cui prepariamo i pazienti alla dialisi. Le bambine e i bambini arrivano emaciati per la mancanza di cibo. Puoi raccomandare quanto vuoi ai genitori di dare loro cibo specifico ma sai benissimo che quella raccomandazione è impossibile da seguire”.