“Essere qui, davanti ai corpi senza vita di Andrea, Salvatore e Massimo, ci pone brutalmente di fronte alla gravità della situazione sociale nella quale siamo immersi, caratterizzata troppo spesso dalla violenza: non sappiamo più parlare, dobbiamo urlare; non sappiamo più dialogare, dobbiamo inveire; non sappiamo ascoltare, dobbiamo imporci … da qui, agli atti di violenza fisica e di morte il passo è veramente breve come ci mostra la cronaca quotidiana”. Lo ha detto l’arcivescovo di Monreale, mons. Gualtiero Isacchi, nell’omelia per i funerali, nella cattedrale, di Andrea, Salvatore e Massimo, uccisi nel corso di una sparatoria. “Pare che nessun luogo o comunità possa essere immune da un tale contagio di violenza! Dobbiamo compiere una decisa e radicale inversione di marcia”, ha aggiunto.
Le morti di Andrea, Salvatore e Massimo ci interrogano – ha continuato il presule -: “Perché tanta ingiustizia? Perché tanta violenza?”, si è chiesto. “In questa celebrazione ripetiamo la richiesta che martedì sera è risuonata più volte per le strade di Monreale: giustizia! Ma qui, di fronte a Dio, non ci accontentiamo della giustizia umana che ‘è la ferma e costante volontà di dare a ciascuno ciò che gli spetta di diritto’, noi cristiani chiediamo di più, chiediamo la giustizia di Dio che implica anche un nostro agire in conformità con la volontà di Dio, che è volontà di salvezza e di vita per tutti”. Infine, mons. Isacchi ha ribadito che “per noi cristiani domandare giustizia significa chiedere salvezza e vita per tutti, ma anche scegliere di essere noi stessi giusti, cioè ‘promotori della giustizia divina’ mostrando al mondo la vita buona del Vangelo che si oppone alla peste dell’ingiustizia che mostra violenza, degrado e solitudine”.