In occasione del Primo Maggio, Fish denuncia ancora una volta “la negazione sistematica del diritto al lavoro per migliaia di persone con disabilità. Un diritto costituzionalmente garantito, ma troppo spesso disatteso nei fatti, soprattutto per molte persone con disabilità, per le quali – si legge in una nota – la distanza tra i principi e la realtà è immane. I dati più recenti del rapporto Cnel sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità raccontano una situazione drammatica. Solo il 33% di persone con disabilità grave e il 57% di quelle con disabilità non grave, ha un lavoro. Contro una media nazionale del 62% tra chi non ha disabilità. Non è solo una questione di numeri: è una ferita alla coesione sociale e ai diritti fondamentali”. Per la Fish “a pagare il prezzo più alto sono i giovani con disabilità, due terzi dei quali non lavorano né studiano, con percentuali allarmanti rispetto ai loro coetanei. La disoccupazione resta molto più elevata rispetto alla media nazionale, mentre i ritiri precoci dal mondo del lavoro colpiscono le persone con disabilità grave quasi tre volte più degli altri lavoratori”. La legge 68 del 1999 non basta più da sola. Per la Fish “serve uno sforzo collettivo per adattare le regole alle trasformazioni del lavoro, per investire davvero in accessibilità, tecnologie abilitanti, formazione professionalizzante e soprattutto per cambiare sguardo. Perché finché si continuerà a percepire la disabilità come un problema da gestire anziché come una condizione da includere, il lavoro resterà un privilegio per pochi e non un diritto per tutti”. Dichiara il presidente Fish e consigliere Cnel, Vincenzo Falabella: “Il Primo Maggio non può essere solo una festa. Deve diventare il momento per dire basta a una discriminazione che si consuma ogni giorno, nell’indifferenza generale. Il lavoro è dignità, autonomia, partecipazione. Senza lavoro non c’è piena cittadinanza”.