“Morire cantando. Penso sia questa la direzione nella quale oggi accogliere la memoria di un evento accaduto ormai ottocento anni fa e che accade ogni giorno per ogni figlio dell’uomo che viene sulla terra. Sorella morte non è la conclusione triste di una serie di giorni, ma la porta che spalanca il segreto della Vita”. Lo ha detto mons. Davide Carbonaro, arcivescovo di Potenza, presiedendo ieri sera il Transito di san Francesco d’Assisi nella Chiesa di Santa Maria di Betlemme, insieme a tutte le fraternità francescane dell’arcidiocesi. “Francesco canta – ha aggiunto – perché la Vita si affaccia, il giorno senza tramonto comincia e la creazione trova il suo senso e la sua pienezza”. Nell’omelia, mons. Carbonaro ha richiamato il legame tra i cantici biblici e quello di san Francesco, che “comincia la sua intonazione con ‘Altissimo’. Lui, che ha amato la bassezza e ha sposato la povertà, riconosce il suo Creatore al di sopra di sé e di ogni cosa creata”. “Benedire le creature – ha sottolineato – vuol dire benedire Dio, e le creature sono benedizione di Dio. Il Cantico registra non solo lo stupore del cuore di Francesco, ma tutto quello che accade intorno a lui, espresso nel linguaggio della creazione. Lingua primordiale, materna, generativa”. Per il presule, “è compito nostro continuare il Cantico nella vita, perché anche noi possediamo nel nostro intimo lo spartito scritto da Colui che distende i cieli e muove al ritmo del canto gli abissi della terra”.