Giubileo della comunicazione: Ferrando (Avvenire), “serve prossimità per provare bucare la bolla dell’indifferenza”

“La parole d’ordine è prossimità, l’arma con cui provare bucare la bolla dell’indifferenza. Il farci più vicini è la nostra arma in più”. Lo ha affermato questa mattina Marco Ferrando, vicedirettore di Avvenire e direttore delle testate del master in Giornalismo dell’Università di Torino, intervenendo alla seconda giornata del convegno “2025: A.I. confini della comunicazione” organizzato a Roma dall’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei in occasione della festa di san Francesco di Sales e del Giubileo del mondo della comunicazione.
Parlando di “Meno prodotti, più processi”, il giornalista ha osservato che “c’è una sostanziale insoddisfazione sia per gli utenti sia per gli operatori dell’informazione. Così come cala la fiducia nelle notizie”. “C’è – ha spiegato – una fuga dalle notizie, un dato che aumenta progressivamente e oggi interessa il 36% degli italiani che scappano dalle notizie”. Rispetto all’avvento dell’intelligenza artificiale, Ferrando ha evidenziato che le ricerche dicono che “il pubblico è consapevole della sua esistenza ed è allertato sui rischi. E si sente più a suo agio se le notizie vengono mediate da un giornalista umano”. Un aspetto significato relativo all’AI è quello che “si deve distinguere l’attività giornalista da quella di creazione di contenuti. Possono integrarsi, ma rimangono distinte”. Tra i “segnali di luce” citati relativi al mondo dell’editoria e del giornalismo anche le “nuove testate che si stanno facendo spazio”. Per gli utenti, “il principale bisogno insoddisfatto riguarda la voglia di capire, di sapere”: un bisogno che va intercettato e a cui rispondere con la “selezione delle notizie, più qualità e meno quantità”. Serve “fidelizzare il pubblico su alcuni ‘piatti forti’ come le notizie locali, quelle che riguardano le comunità dove abitiamo”, l’indicazione di Ferrando che poi, relativamente ai podcast, ha ammonito: “Non spaiamo nel mucchio, non facciamoli su qualunque cosa. Ce ne sono già tanti, come tanti sono i contenuti video e multimediali”; per cui “serve la capacità di selezionare”. Il giornalista si è poi soffermato su alcune parole che devono caratterizzare la professione: ascolto, relazione, senso, servizio, partecipazione, comunità, felicità, speranza. “Abbiamo il piccolo grande vantaggio di sapere cosa dire e a chi, la distanza verso il nostro pubblico è minore”, ha osservato, invitando i giornalisti alla prossimità.

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