“Forza e coraggio sono caratteristica della persona e non del sesso”. Ha esordito così il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, nell’omelia per la festa di Santa Barbara, patrona della Marina militare e dei Vigili del fuoco, durante la messa presieduta questa mattina nella chiesa parrocchiale dei Carmini alla presenza del prefetto di Venezia Darco Pellos e dell’assessore comunale Elisabetta Pesce. Significativa la partecipazione dei Vigili del fuoco che proprio nel sestiere di Dorsoduro hanno la sede del Comando provinciale.

Foto Patriarcato Venezia/SIR
Oltre a Barbara – le cui spoglie sono custodite nell’isola lagunare di Burano – il patriarca ha ricordato anche le sante Felicita e Perpetua, rispettivamente serva e matrona: “Il Vangelo supera le differenze delle classi. Il Vangelo unisce e non divide, aiuta a guardare ad un ideale di vita. Queste donne, nate nei primi secoli del cristianesimo in un’epoca in cui essere cristiani non si sapeva se si sarebbe arrivati a fine giornata, rappresentano l’essere fedeli alla parola data”.
Barbara “fu uccisa dal padre perché non si è piegata alla sua volontà ma è rimasta fedele a Gesù. Oggi, in cui i femminicidi sono di attualità, è bello che tante categorie professionali ancora oggi guardino a Santa Barbara”. Alla sua epoca, ha proseguito Moraglia, “essere cristiani voleva dire non guardare al politicamente corretto. Coraggio, forza, perseveranza e costanza non sono virtù che appartengono all’uomo o alla donna ma alla persona, ed è quello che dobbiamo mirare ad essere. Se vogliamo essere fedeli nelle grandi responsabilità dobbiamo essere fedeli nelle cose minime di tutti i giorni, in cui è più difficile fare fede alla parola data. Il martirio è la forza disarmante della parola data a cui si vuole rimanere fedeli. Barbara diventa espressione di chi vede oltre il proprio tornaconto. Ci sono valori che non sono negoziabili”. Un pensiero, infine, alle tante persone che lavorano tutti i giorni ma non arrivano a fine mese: “Se vogliamo essere uomini e donne con una visione dobbiamo chiederci quali sono le cose per cui non siamo disposti a cedere. Guardiamo ai martiri come a figure a cui affidare un nostro cammino spirituale. Affidiamoci a chi può sorreggerci e indicarci la strada”.