Cile: Agostinis (politologo) sulla vittoria di Kast, “ampiamente prevista ma non con questa forza ed evidenza”

“La vittoria di Juan Antonio Kast, alle presidenziali cilene, era ampiamente prevista, ma non con questa forza ed evidenza”. Lo afferma il prof. Giovanni Agostinis, attualmente professore al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna, con una recente prolungata esperienza come docente nell’Istituto di Scienza politica della Pontificia Università Cattolica del Cile, con sede a Santiago. Come è noto, l’esponente della destra cilena ha ottenuto domenica quasi il 60 per cento dei voti.

“Kast – spiega al Sir il docente – si è imposto in tutto il Paese, da nord a sud, anche nelle maggiori città, come Santiago e Valparaiso. Grazie all’obbligatorietà del voto, è stato il presidente con il maggior numero di voti ricevuti, nella storia della democrazia cilena”. Paradossale che ciò accada per un politico considerato di estrema destra, che in passato ha assunto posizioni nostalgiche nei confronti della dittatura del generale Augusto Pinochet. “Quest’ultimo aspetto, a mio avviso – continua Agostinis – non va enfatizzato, anche se queste prese di posizione ci sono effettivamente state e sono presenti in vasti strati dell’opinione pubblica cilena. Tuttavia, penso che, come accaduto a molti leader visti come ‘estremi’, è probabile che, una volta al Governo, Kast moderi le sue posizioni. Va detto che è sostenuto da una coalizione vasta, in cui sono presenti esponenti più radicali di lui, ma anche altre forze conservatrici più moderate, anche se la destra tradizionale esce da queste elezioni decisamente devastata”.

Quali, dunque, i motivi della vittoria di Kast? “Io guarderei a due fattori. Il primo è di carattere ‘interno’. Queste elezioni sono state un referendum contro il presidente uscente di sinistra Gabriel Boric, che era il prodotto delle proteste sociali del 2018. Boric era arrivato al potere con un programma ambizioso, poi naufragato, anche per il fallimento dell’assemblea Costituente. L’effetto della protesta si è esaurito e l’apertura di credito è stata usata male, parte dell’elettorato si è spaventata”. C’è, poi, un secondo aspetto, che accomuna il Cile a quanto accade in tutto il mondo: “La destra riesce a interpretare le preoccupazioni per la sicurezza, che in Cile è collegata alla questione migratoria, per il flusso davvero notevole di venezuelani, e per le difficoltà dell’economia. Un’agenda che presenta dei punti in comune, ma che si diversifica a seconda dei contesti, come si può vedere confrontando il successo di Javier Milei, in Argentina, più sbilanciato sui temi economici, con quello di Kast, incentrato soprattutto su sicurezza e politiche restrittive sui migranti”.

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