Diocesi: Milano, mons. Delpini al Giubileo della disabilità. “Il grido dei poveri ha commosso il cuore del Padre”

“Il grido che invoca pietà mi commuove, mi tocca il cuore. Io percorro le strade della terra perché mi chiama il grido degli infelici, il grido dei poveri, il grido degli spaventati. Per questo sono venuto a vivere in mezzo alla gente: perché mi ha chiamato il grido dei fratelli e delle sorelle che ha commosso il cuore del Padre che sta nei cieli”. Ha dato voce al Signore, l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, che, presiedendo in Duomo il Giubileo diocesano della disabilità, ha pronunciato un’insolita omelia inframezzata dall’interpretazione scenica dell’episodio evangelico della guarigione del cieco Bartimeo. Nella cattedrale gremita di giovani e anziani, di bimbi e genitori, gruppi, associazioni, volontari, intere comunità parrocchiali, decine e decine di carrozzine, con i grandi schermi approntati per seguire ogni momento con il linguaggio Lis, oltre 1.500 fedeli hanno preso parte al rito concelebrato da una ventina di sacerdoti. Tutti, appunto, insieme per dire, prima ascoltando alcune testimonianze e, poi, attraverso la celebrazione eucaristica, “Noi tutti speriamo”, per usare il titolo dell’iniziativa promossa dall’arcidiocesi e organizzata dalla Consulta diocesana “Comunità cristiana e disabilità”, voluta dall’arcivescovo nel 2021 per integrare al meglio le persone portatrici di disabilità nella quotidiana vita ecclesiale delle parrocchie. L’iniziativa ha coinvolto anche diverse decine di elementi del coro “San Piergiorgio Frassati” di Sesto Calende, che da tempo ha iniziato un percorso di inclusione di bimbi portatori di handicap, e l’orchestra “AllegroModerato”, che conta, al suo interno, alcune persone diversamente abili.
In riferimento a ciò che simboleggia anche oggi la figura del cieco Bartimeo, come emblema senza tempo, Delpini ha aggiunto: “Cercano di far tacere Bartimeo perché chi grida è fastidioso. Cercano di farlo tacere per continuare ad andare avanti senza essere disturbati, per continuare a correre senza doversi fermare. Preferiscono essere sordi piuttosto che commuoversi, essere ciechi piuttosto che guardare negli occhi il grido e la protesta. Voglio conoscere che cosa c’è nell’animo dell’uomo che grida, che piange, che nessuno ascolta”.
Per questo il Vangelo – ha suggerito il presule – “non è stato scritto come un bel libro di lettura, non è stato scritto come un’inesauribile enciclopedia di precetti e di pensieri. Il Vangelo è stato scritto per invitarti a entrare nella storia di Gesù e della gente e tutti, tutti siamo invitati a entrarvi”.

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