Tra le donne italiane che accedono a un ambulatorio ginecologico oltre una su tre dice di soffrire di disagio psicologico e sociale. Il 33% dichiara anche di aver subito una forma di violenza: fisica (22,1%), psicologica (55,1%), verbale (42,6%) o sessuale (8,1%). Inoltre, il 14% vive in condizioni di insicurezza alimentare. Sono alcuni dei dati riferiti da Antonia Carla Testa, associata di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, responsabile dell’Unità operativa complessa di Ginecologia ambulatoriale preventiva presso il Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs e promotrice del primo studio italiano sul tema, appena pubblicato sulla rivista internazionale “American Journal of Obstetrics and Gynecology Global Report” (Impact factor 8,7).
L’idea dello studio nasce dall’esperienza già in atto presso le Acli di Roma con il progetto “Porte sociali”, grazie alla visione di Lidia Borzì, vicepresidente delle Acli di Roma e delegata alla famiglia e stili di vita delle Acli nazionali, che evidenzia come “l’ascolto sia un’azione importante che impegna a dare risposte sartoriali anche sul versante sociale. Da questo progetto, infatti, abbiamo visto come molto spesso i problemi di salute siano in relazione con diverse sfaccettature di disagio sociale, spesso nascosto, sul quale è importante intervenire con un approccio sistemico e integrato”. Da circa quattro anni, infatti, l’ambulatorio di ginecologia del Policlinico Gemelli può contare sulla presenza di due volontarie Acli.
“Questa esperienza rappresenta l’impegno costante della Ginecologia del Policlinico Gemelli nel prendersi cura della donna nella sua interezza, non soltanto della sua malattia – commenta Anna Fagotti, ordinario di Ginecologia e ostetricia all’Università Cattolica e responsabile della Uoc di Ginecologia oncologica presso il Policlinico Gemelli Irccs -. Un impegno che si rinnova con sempre maggiore convinzione, nella consapevolezza che prendersi cura della salute di una donna significa contribuire al benessere dell’intera società che intorno a lei trova equilibrio come madre, moglie, compagna, amica, figlia”.
Testa chiarisce: “Il nostro obiettivo ora è dare seguito a questa esperienza, sviluppando progetti che permettano di intercettare precocemente le pazienti in difficoltà e aiutarle ad accedere a servizi integrali in grado di rispondere concretamente ai loro bisogni”.
Alessandro Sgambato, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, osserva: “Il dato relativo alla prevalenza di esperienze di violenza tra le pazienti risulta di estrema rilevanza e ci interpella profondamente come clinici, docenti e cittadini. È nostro dovere, come giustamente prospettato, proseguire lungo questo percorso e contribuire a portare alla luce simili problematiche. L’importanza di questo lavoro risiede nell’aver affrontato, attraverso un approccio metodologico rigoroso, una problematica da tanti percepita ma raramente quantificata con precisione. In questo modo, i dati ottenuti acquisiscono una portata di rilevanza internazionale e riescono a dar voce a chi troppo spesso resta invisibile. Si tratta di un risultato significativo non solo per la ricerca, ma anche per la nostra comunità accademica e assistenziale”.