Pace: domani giornata di digiuno e preghiera. Mons. Mengoli (San Severo), “non siamo esenti da responsabilità, dinamiche di male toccano le nostre coscienze”

“Accanto alla denuncia quasi quotidiana dell’assurdità delle guerre, che Leone XIV sta facendo dal primo giorno del suo pontificato, mercoledì scorso egli ha rivolto a tutti i credenti l’appello di scendere in campo con le armi della fede”. Lo scrive il vescovo di San Severo, mons. Giuseppe Mengoli, nel messaggio alla diocesi in cui invita a partecipare alla giornata del digiuno e della preghiera indetta dal Santo Padre.
Solo la fede, infatti, può giustificare un digiuno da vivere nel segreto della propria coscienza, perché ci mette nella condizione di rinunciare volontariamente ad un pasto per condividere anche solo per un momento il disagio di chi stenta a trovare la porzione minima di cibo per sopravvivere. Il digiuno, poi, purifica la nostra mente, la nostra volontà e richiama all’essenziale, al fatto cioè che l’esistenza di ognuno non vale per quello che si possiede, ma per ciò che si è. Ci permette di entrare in una prospettiva valutativa nuova, preclusa a chi ha sempre tutte le comodità e la pancia piena”, sottolinea il presule. “Solo la fede, poi, può giustificare la preghiera per la pace”, prosegue mons. Mengoli, ricordando che “la preghiera ci permette di osservare le situazioni storiche a partire dallo sguardo di Dio. La preghiera ci aiuta a capire che non siamo esenti da responsabilità e che le dinamiche di male prima ancora che le terre martoriate dai conflitti, toccano le nostre coscienze. Forse la preghiera varrà veramente, perciò, se prima ancora che per le popolazioni dilaniate dalle guerre, aiuterà ogni credente a fare pace con sé stesso, con la propria famiglia, con il proprio ambiente lavorativo, con la propria città”. “La preghiera, infine, ci fa capire che noi cristiani non possiamo dimenticare che la nostra fede si fonda su una vittoria finale: la risurrezione del Signore. Dimenticare ciò significa condannarsi al non senso e a cadere nell’illusione di poter raggiungere su questa terra traguardi di pace definitivi, nonostante che la storia smentisca questo miraggio a causa del peccato che si annida nel cuore umano”, ammonisce il vescovo: “Ogni traguardo di pace, raggiunto faticosamente con il Vangelo in mano e nel cuore, è per chi ha fede solo il preludio di quello definitivo che auspichiamo di poter vivere in Dio”. “Mi corre l’obbligo, però, puntualizzare alcune cose: le armi della fede – osserva – dovremmo poterle usare sempre e non solo quando siamo invitati a farlo dal Papa; dovremmo farlo con convinzione, senza pretese di cambiare il mondo, ma solo con la volontà di cambiare noi stessi; dovremmo farlo con umiltà, consapevoli che la nostra preghiera sarà potente solo se nascerà da cuori puri e semplici”. “Vincerà – conclude il vescovo – chi si spenderà senza risparmiarsi, credendo davvero nella causa che ha intrapreso e soprattutto vincerà chi non combatterà da solo. Solo insieme diventeremo un solo corpo che sa amare, soffrendo delle sofferenze altrui. Insieme… perché non capiti che, addirittura in nome della pace, ci si trovi già divisi”.

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