Germania: cecità come esperienza e opportunità di vita, la testimonianza del diacono Aleksander Pavkovic

Aleksander Pavkovič, diacono, è cieco dalla nascita: sposato con una donna anch’ella cieca, è pieno di vita. Linguista con un dottorato, formatore informatico per ciechi e ipovedenti, è presidente dell’Associazione cattolica tedesca dei ciechi. Originario di Monaco di Baviera, fin dall’infanzia amava anche fare musica e cantare. In una intervista rilasciata al portale della Chiesa cattolica bavarese “Michaelsbund”, parla del potere dell’udito, del canto spirituale, della vita senza immagini e di ciò che i suoni della natura raccontano. Parlando della dimensione del buio e della cecità, il diacono evidenzia come “innanzitutto, usare attivamente tutti i vostri sensi. L’olfatto, ad esempio, può anche fungere da guida: il profumo di dolci, frutta e verdura mi dice dove mi trovo in una strada. Mentre cammino, posso capire dal suono se mi trovo in vicoli stretti o in uno spazio aperto, e molto altro ancora. Tutto questo non solo aiuta, ma è anche bello, un’esperienza estetica”. Il non vedere può essere una opportunità, sostiene: “Gran parte della pubblicità onnipresente, le esagerazioni di ogni genere nella moda, l’autodrammatizzazione, forse persino l’eccessiva sessualizzazione dei media… tutto questo mi sfugge, e non ne sono nemmeno curioso. Alcuni mi dicono che dovrei essere contento di non dover vedere l’immensa sofferenza del mondo. Ma non lo sono. Non voglio usare la cecità come scusa per sfuggire al confronto con la sofferenza, l’ingiustizia e la crudeltà”. Con la moglie, per Aleksander l’ascolto reciproco gioca un ruolo ancora più importante, come complemento al prendersi cura l’uno dell’altro o all’avvicinarsi l’uno all’altro: “Ci affidiamo sicuramente all’ascolto reciproco con grande attenzione: alle sfumature linguistiche, agli sbalzi di voce e di umore. Quindi, non interpretiamo sguardi o gesti silenziosi, ma piuttosto il discorso – e persino il silenzio – dell’altra persona”. Il suo amore per il canto e il servizio diaconale non sono scissi: “Sono un vero diacono cantore. Quando dirigo i servizi della Parola o le devozioni, quando assisto il sacerdote durante la messa (predicando il Vangelo, servendo all’altare durante la preparazione delle offerte ecc.), canto spesso e volentieri. Ad esempio, cantare la grande lode pasquale, l’Exsultet, è sempre per me un momento culminante dell’anno liturgico”.

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