“Non è vero che l’umanità è condannata a non partecipare, a non dialogare, a non essere capace di pace. Non è vero perché tutte le scienze oggi ci dicono che l’uomo è capace di cooperazione, è capace di partecipazione, è capace di condivisione. Questa capacità dobbiamo raccontarla, perché è vero che c’è un modello consumistico, capitalistico che ci rende atomi, che ci distingue e ci differenzia e ci allontana, ma è anche vero che siamo capaci di partecipazione. Che è un desiderio profondo dell’essere umano e l’abbiamo visto nei mesi che sono seguiti a Trieste”. Lo ha affermato stasera Elena Granata, vicepresidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali, nel corso della presentazione online del volume “Al cuore della democrazia” dedicato ai lavori della 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia svoltasi ad inizio luglio 2024 a Trieste.
La vicepresidente ha sottolineato come con la 50ª Settimana sociale sia emersa “la possibilità cambiare linguaggio, con parole fuori moda: amare la politica, servire, dialogo, ponti, reti, cura, tutti, vita buona, ultimi, scarti”. “Un lessico – ha spiegato – che ci aiuta a parlare, a pensare bene e forse – ci auguriamo – ad agire bene”. Da Trieste è partita la “proposta di valori che sono diversi” e quella di “un altro metodo, il ‘metodo Trieste’ fatto da cose semplici: intrinsecamente partecipato, dialettico per produrre un pensiero innovativo”. “L’eterogeneità delle presenze – ha ammonito – è qualcosa a cui non vogliamo più rinunciare”. Con Trieste “si è tornato ad assaporare il gusto di parlare di politica” fatto di “un agire pensante, non astratto”. “Una grande concordia ha prevalso sui singoli saperi”, ha aggiunto, prima di ricordare come, anche in questi giorni stanno succedendo cose “frutto” della Settimana sociale: “il gruppo di amministratori che hanno digiunato per Gaza, i cittadini che hanno esposto alle finestre dei lenzuoli come dei sudari in testimonianza di una comune umanità, i gruppi di giovani che si spendono per il diritto alla casa e riaffermandolo nelle piazze di questo Paese”. “Qualcosa si è mosso, come il germe della Rete di Trieste”, ha commentato: “È complicato ma è necessario”. D’altra parte “la democrazia è una palestra, richiede esercizio e fatica”. Granata ha poi messo in evidenza come nei laboratori “siano emerse fortissime la domanda di comunità e quella di legami tra le generazioni”; si tratta – ha proseguito – di “risanare fratture tra maschile e femminile, tra generazioni e tra laici e consacrati”. “A Trieste – ha concluso – abbiamo capito che tutto è politica, tutti siamo chiamati alla politica – questa è la fine del prepolitico”.