“Siamo chiamati ad essere provocatori di cambiamento, coloro che denunciano quello che non va, il ‘si è sempre fatto così’. Questo significa anche purificare e disarmare la comunicazione. Possiamo essere buoni giornalisti, fare un buon lavoro senza travolgere la dignità di ogni persona di cui raccontiamo la vita. Va coltivata la capacità di ritrovare le storie di bene anche negli angoli più scuri dell’umanità. Questo non è buonismo ma buon giornalismo. Questo è quello che come comunicatori cristiani siamo chiamati a fare, gettando un seme che porterà un frutto per il bene di qualcun altro”. Lo ha affermato questa mattina Alessandro Gisotti, vicedirettore della Direzione editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, intervenendo alla seconda giornata del convegno “2025: A.I. confini della comunicazione” organizzato a Roma dall’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Cei in occasione della festa di san Francesco di Sales e del Giubileo del mondo della comunicazione.
Prima di presentare una lettura del Magistero pontificio legato ai temi della comunicazione, Gisotti ha ricordato che “oggi è la memoria del nostro santo patrono; è bello ritrovare l’attualità di un vescovo santo che in un epoca molto difficile e turbolenta è riuscito a fare quello che Papa Francesco oggi chiede a noi: dare ragione con speranza e mitezza della nostra fede”. Fra due giorni, poi, nella Domenica della Parola di Dio, si celebrerà il Giubileo del mondo della comunicazione: “È molto bello – ha rilevato – che la Parola di Dio si incontri con la parola di uomini e donne chiamati ad essere comunicatori e informatori”. “Il Papa – ha proseguito – è ben consapevole di quanto sia importante l’informazione e il servizio pubblico. Allo stesso tempo è consapevole che la comunicazione è un aspetto molto più ampio dell’informazione”. “La comunicazione – ha aggiunto – è la dimensione più intima di ogni cristiano. Le comunicazioni più rilevanti per noi sono legate alle relazioni più importanti, con i cari, in famiglia, con gli amici. Non può esserci comunicazione se non c’è relazione, lo dobbiamo ricordare in un mondo che vuole disincarnare”. Da qui il monito relativo all’intelligenza artificiale: “Non possiamo delegare ad una macchina quello che è proprio dell’uomo, c’è sempre bisogno di uomini e donne capaci di raccontare attraverso uno sguardo e le emozioni che si vivono”. Rispetto alla capacità di “comunicare con il cuore”, Gisotti ha rilevato che “mi ha sempre colpito di Papa Francesco la capacità di comunicare con i gesti; lo riesce a fare anche oggi seduto sulla sedia a rotelle”. “La comunicazione – ha commentato – deve essere movimento, non può essere statica”. “Il Papa – ha aggiunto – ci chiede di farci prossimi, nessun intelligenza artificiale potrà sostituire la nostra capacità di uscire, di andare incontro a chi sta nelle periferie e anche verso chi non pensiamo neanche di incontrare”. Per questo Gisotti ha sottolineato l’importanza della “capacità di muoversi, di andare oltre il previsto. Facciamoci sorprendere dalla nostra professione, che va riscoperta. A volte negli ultimi anni, siamo stati vittime di pregiudizi e ci siamo ripiegati su noi stessi”. Venendo poi al tema del Giubileo, il vicedirettore editoriale ha sottolineato che “per il Papa la speranza non è astratta, cammina sulle gambe di uomini e donne del nostro tempo”. E “quello che ci troviamo ad affrontare è un cambiamento d’epoca, l’AI ci porta ancora più avanti. È una sfida – ha rilevato – che riguarda tutti noi, anche la comunicazione della Santa Sede”. “Il nostro dovere è quello di essere sempre più preparati possibili rispetto alle novità proposte dalla tecnologia”. Gisotti, rispondendo alle domande dei presenti, ha ricordato che “lavoriamo per la persona e per le comunità” e ha ribadito l’importanza della “prossimità”.