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Docente accoltellata ad Abbiategrasso. Affinati: “L’insegnante è troppo solo di fronte ai ragazzi”

Il professore è chiamato ad essere amico e maestro dei suoi allievi, ma non deve essere lasciato solo. Ne è convinto lo scrittore e insegnante Eraldo Affinati, che sottolinea l'importanza di un'équipe" in grado di coadiuvarlo non solo nei casi d’emergenza come questo, ma in chiave preventiva". Centrale la qualità della relazione umana: "Se non si instaura un rapporto di fiducia reciproca fra docente e discente, ogni tentativo rischia di fallire". Al tempo stesso occorre far passare l’idea che se si commette un danno, "bisogna pagare il prezzo del risarcimento senza pensare di poterla fare franca"

(Foto ANSA/SIR)

Ancora una volta la scuola torna sotto i riflettori per un episodio di violenza. Ieri un sedicenne dell’Istituto medio superiore “Emilio Alessandrini” di Abbiategrasso, nel milanese, ha accoltellato la sua professoressa di lettere minacciando con una pistola giocattolo anche gli atterriti compagni di classe. Pare che lo studente nelle scorse settimane avesse ricevuto alcune note da parte della docente. “Non credo sia opportuno entrare nel merito della vicenda. Possiamo tuttavia ricavare alcune riflessioni al riguardo. Tre punti, a mio avviso, sono rilevanti”, dice al Sir Eraldo Affinati, scrittore e insegnante romano, fondatore con la moglie Anna Luce Lenzi della scuola Penny Wirton per l’insegnamento gratuito della lingua italiana agli immigrati.

L’insegnante è troppo solo di fronte ai ragazzi.

Foto Siciliani-Gennari/SIR

Oggi più che mai – esordisce – avrebbe bisogno del supporto di una équipe in grado di coadiuvarlo non solo nei casi d’emergenza come questo, ma in chiave preventiva. Da tempo si parla della possibilità di realizzare uno sportello di consulenza psicologica per ogni istituto. Lo stesso ministro lo ha appena ribadito. A mio avviso si tratterebbe di una giusta modalità d’intervento strutturale, anche se non dovremmo illuderci che possa risolvere ogni problema”.

Per Affinati, inoltre, “la scuola dovrebbe essere il luogo “in cui si lavora sulla qualità della relazione umana. Se non si instaura un rapporto di fiducia reciproca fra docente e discente, ogni tentativo rischia di fallire.

I ragazzi cosiddetti difficili, o indisciplinati, o ribelli, – racconta ripensando al proprio vissuto di professore – sono stati per lungo tempo i miei interlocutori principali, ai quali, dieci anni fa, idealmente dedicai l’ ‘Elogio del ripetente’. Si tratta di adolescenti che ti sfidano, ti mettono alla prova, alla fine in un modo o nell’altro ti lasciano il segno. Con molti di loro non puoi pensare di riproporre il vecchio schema tripartito della spiegazione, dell’interrogazione e del voto. Devi trovare altre vie di accesso, altrimenti rischierai tantissimo. Non sarà sempre facile, anche perché

nessuno ha la bacchetta magica per riportare sulla retta via un ragazzo smarrito.

Durante la lunga esperienza che ho avuto come docente di lettere negli istituti professionali per l’industria e l’artigianato non smettevo di ammirare le mie colleghe che riuscivano a conquistare e mantenere l’attenzione di classi spesso affollate e riottose, composte da alunni non pienamente scolarizzati. Fra l’altro era facile osservare che il peggiore fra costoro, compiva comunque un passo in avanti rispetto alla situazione perlomeno dissestata dalla quale proveniva. Senza dimenticare che il disagio presente nei ragazzi non aveva origine solo da contesti sociali degradati. A volte le crisi esplodevano in famiglie apparentemente inappuntabili”.

Il terzo punto, sottolinea Affinati, “riguarda la rivoluzione digitale che stiamo vivendo: a giudizio di molti essa può distorcere, specie nelle personalità più fragili, il rapporto con la realtà. Il giovane alla ricerca del necessario equilibrio fra desiderio da soddisfare e regola da rispettare avrebbe bisogno di adulti capaci di guidarlo verso esperienze non solo virtuali. Cosa significa? Utilizzare i nuovi strumenti tecnologici senza confondere l’informazione con la conoscenza. E soprattutto far passare l’idea che, se si commette un danno, bisogna pagare il prezzo del risarcimento, senza pensare di poterla fare franca.

Il docente è chiamato ad essere amico e maestro, insieme.

Per farlo deve incarnare egli stesso il precetto che chiede ai suoi studenti di osservare, mostrando di aver compiuto una scelta in base alla quale avrà autorevolezza”.

Infine una considerazione più generale: “la scuola coinvolge ogni giorno, fra docenti, studenti, famiglie, personale amministrativo, tecnico e ausiliario, milioni di persone. Vite che si intrecciano, generazioni che si parlano, culture che si confrontano, cittadini che si formano, affetti, amicizie, accordi e tensioni. In questo gigantesco flusso di coscienze in transito verso il futuro – conclude Affinati – sarebbe purtroppo quasi impossibile non registrare accadimenti drammatici come quello di Abbiategrasso. I quali vanno affrontati e risolti nella loro specificità senza dimenticare tutte le volte in cui il processo educativo ha invece funzionato”.

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