Tutela minori. Tappi (Serv. dioc. Cesena-Sarsina): “Siamo una comunità. Il male di uno deve interessare e addolorare tutti”

La Chiesa ha preso a cuore la questione-abusi. Dopo gli interventi degli ultimi Papi, “oggi si è compreso bene che non si può risolvere un caso spostando un prete da una parrocchia all’altra o trasferendolo in un’altra diocesi”. Lo sostiene Floriana Tappi, consulente familiare, assistente sociale ed ex insegnante, ora anche referente del Servizio tutela minori per la diocesi di Cesena-Sarsina. In vista della II Giornata nazionale di preghiera della Chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili che si celebra il 18 novembre, il Corriere Cesenate le ha posto alcune domande

foto SIR/Marco Calvarese

La Chiesa ha preso a cuore la questione-abusi. Dopo gli interventi degli ultimi Papi, “oggi si è compreso bene che non si può risolvere un caso spostando un prete da una parrocchia all’altra o trasferendolo in un’altra diocesi”. Lo sostiene Floriana Tappi, consulente familiare, assistente sociale ed ex insegnante, ora anche referente del Servizio tutela minori per la diocesi di Cesena-Sarsina. In vista della II Giornata nazionale di preghiera della Chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili che si celebra il 18 novembre, il Corriere Cesenate le ha posto alcune domande.

Il servizio diocesano tutela minori quale obiettivo si è dato?
La prevenzione degli abusi e, nello specifico, degli abusi legati ai luoghi e alle persone di Chiesa. E ha cercato di attuarla subito, all’indomani dell’istituzione del Servizio da parte del vescovo Douglas Regattieri nel novembre 2019.

Quali attività avete messo in campo?
Prima di tutto ci siamo seduti attorno a un tavolo per crescere come gruppo. Abbiamo lavorato sul materiale predisposto dal Servizio nazionale e partecipato a incontri promossi da quello regionale, il luogo che raccoglie i referenti delle diocesi dell’Emilia Romagna. A breve andremo a un convegno a Bolzano, il 17 novembre.

Quale realtà avete incontrato?
Siamo partiti dalle zone pastorali per cercare di arrivare il più possibile ai catechisti, agli educatori, agli animatori degli oratori e ai parroci.Non abbiamo ricevuto dinieghi. In certi casi resistenze… Siamo in cammino. Abbiamo incontrato anche gli Scout e incontreremo gli educatori dell’Azione cattolica, gli insegnanti di religione e gli allenatori del Centro sportivo italiano.

Ci sono rischi veri?
Dove ci sono dei minori, i rischi ci sono sempre. Ci vogliono correttezza e rispetto verso i minori e verso le persone vulnerabili, quei maggiorenni fragili, non sempre in grado di fare fronte a certe situazioni. Mi riferisco anche alle realtà domestiche dove possono emergere abusi da parte di un genitore, un nonno, uno zio… I dati ci dicono che quasi sempre chi abusa è maschio di età compresa fra i 45 e i 64 anni.

Quali sono le situazioni più delicate?
L’abuso domestico è gravissimo, più nascosto, subdolo, a volte anche protetto dagli altri familiari. Il minore spesso non viene ascoltato. Questo accade anche nel mondo ecclesiale, dove casi precisi hanno dimostrato la resistenza a credere che un prete o un educatore stimati avessero abusato di un minore. Come servizio diocesano siamo chiamati a vigilare su parrocchie, associazioni, oratori. Ciò vale anche per la scuola e lo sport.

Come affrontare questi contesti?
Dobbiamo avere orecchie ben aperte per ascoltare e occhi ben attenti per vedere se qualcosa di male e doloroso sta vivendo un bambino o una persona vulnerabile. I casi si affrontano con tanta e tanta sensibilità, ma anche con prudenza, per vederci chiaro e appurare se davvero quel minore corra un rischio così alto.

Sono passati i messaggi di tolleranza zero degli ultimi Papi?
Già Giovanni Paolo II in un documento del 2001 e poi papa Benedetto nel 2010 con la sua lettera apostolica ai cattolici d’Irlanda avevano preso di petto lo scandalo degli abusi all’interno della Chiesa o delle scuole cattoliche o degli istituti religiosi. Con papa Francesco è iniziata un’attività ancora più capillare con il Servizio nazionale, regionale e diocesano di tutela minori. Si è capito bene che non si risolve un caso spostando un prete in un’altra parrocchia o in un’altra diocesi. La persona che ha abusato deve fare un cammino personale.

C’è coscienza in ambito ecclesiale di questi possibili pericoli?
L’andare nelle parrocchie ci ha permesso di osservare molto meglio ogni ambiente. L’incontro con un minore deve avvenire alla luce del sole, in presenza di un’altra persona in parrocchia, durante i campi scuola, negli oratori. Anche le confessioni con i minori vanno fatte in luoghi dove l’adulto o il genitore possano vedere. Non in canonica e tanto meno nella casa del parroco.

Da ultimo, ci sono state segnalazioni al centro di ascolto?
Ad oggi non ci sono state segnalazioni, se non richieste di pareri per situazioni in cui, più che ad abuso su minori, si assiste a noncuranza di adulti verso minori, condizione altrettanto grave da segnalare ai Servizi sociali. Sono stati segnalati anche casi di abusi familiari in cui, dopo anni di dramma tenuto nascosto, gli interessati si sono poi attivati per un percorso psicoterapeutico. Siamo una comunità e il bene di uno è per tutti. Ma anche il male di uno deve interessare e addolorare tutti.

(*) direttore de “Il Corriere Cesenate”

Altri articoli in Territori

Territori