Diocesi di Padova. Il battistero risplende: un’esperienza di visita tutta nuova valorizza l’arte e il significato teologico del battesimo

Dopo tre anni e il restauro del ciclo pittorico di Giusto De’ Menabuoi, prende vita la nuova collaborazione tra la diocesi di Padova e l'impresa culturale Kalatà che rivoluziona l'approccio del visitatore grazie a un ambiente narrativo allestito nella Sala dei canonici che scompone l'opera del pittore fiorentino e prepara l'esperienza immersiva nella visione dal vero degli affreschi sulla vita di Gesù. Il vescovo, mons. Claudio Cipolla: "Poniamo la bellezza al centro dei nostri percorsi educativi". Il Sir rilancia l'approfondimento de "La difesa del Popolo"

(Ph. Giorgio Boato)

Il battistero della cattedrale di Padova celebra il primo anniversario dalla sua entrata nella lista dei beni patrimonio dell’umanità Unesco – Padova Urbs picta, 24 luglio 2021 – rivoluzionando a partire da sabato 9 luglio l’esperienza di visita che per la prima volta in settecento anni permette a turisti e fedeli di “entrare” letteralmente nei meravigliosi affreschi trecenteschi di Giusto de’ Menabuoi. Alla base dell’operazione, che segna l’avvio della collaborazione della diocesi di Padova con l’impresa culturale piemontese Kalatà, c’è l’idea di un percorso immersivo che consente un contatto senza precedenti con l’opera del pittore fiorentino.

La grande novità consiste nell’ambiente narrativo realizzato dalla milanese Neo nella Sala dei canonici, all’interno della cattedrale, che introdurrà i visitatori sì alla sfolgorante bellezza dell’opera del Menabuoi, ma soprattutto ai significati del battesimo in chiave teologica proprio nel luogo in cui fin dal terzo-quarto secolo i padovani diventano cristiani. Si tratta di una serie di quattro enormi schermi, realizzati dalla Professional show di Limena, su cui scorrono immagini ad altissima definizione grazie al lavoro di tre proiettori che valorizzano dettagli specifici e visioni d’insieme dei quadri, destrutturando le pareti che il fiorentino affrescò a Padova per volontà di Fina Buzzaccarini, moglie di Francesco I da Carrara, signore della città in epoca pre-veneziana.

(Ph. Giorgio Boato)

Da questa sala, l’ingresso in battistero avviene non più direttamente da piazza Duomo, come negli ultimi due secoli, ma dalla basilica e, in particolare, dalla parete occidentale camminando verso est, esattamente com’era stato pensato tutto il complesso nel 1300 consentendo un’esperienza altamente immersiva con la visione dell’opera dal vero. A valorizzare i preziosi affreschi, e la densità delle composizioni di Giusto, il nuovo impianto di illuminazione fornito dalla recanatese iGuzzini. L’intero progetto non è ancora completato, lo sarà a settembre con la posa dei dossali lignei in questo momento in fase di restauro.

L’operazione avviene nel cotesto di quella che da pochi giorni si chiama Domus Opera, cattedrale e battistero, palazzo vescovile e museo diocesano, il complesso di beni monumentali della Chiesa di Padova che affacciano su piazza Duomo. La presentazione, avvenuta nel pomeriggio di venerdì 8 luglio alla presenza delle autorità civili e militari della città, ha segnato il punto di arrivo di un percorso iniziato ben tre anni fa, molto prima del conferimento del sigillo Unesco, per la volontà del vescovo Claudio Cipolla di ripensare la valorizzazione dei beni artistici e religiosi della diocesi. Il nuovo percorso di visita arriva anche a due anni dalla conclusione del restauro dell’opera del Menabuoi grazie all’intervento del Ministero dei Beni culturali e a un anno dalla conclusione dei lavori di recupero del polittico del battistero, oggi esposto al museo diocesano.

Come ha spiegato nel suo intervento il direttore dell’Ufficio diocesano per i beni culturali, Claudio Seno, il risultato è stato ottenuto grazie alla creazione di un gruppo di lavoro multidisciplinare formato dall’economa diocesana Vanna Ceretta, il vicario per i beni temporali della Chiesa don Gabriele Pipinato e da rappresentanti della parrocchia della cattedrale, proprietaria del bene. “L’obiettivo è quello di trasferire l’immagine della Chiesa di Padova in modo distintivo – ha aggiunto Seno – attraverso un nuovo assetto organizzativo, una differenziazione dell’offerta, una comunicazione rivolta a un pubblico più ampio possibile (l’ambiente narrativo supporta cinque lingue, ndr)”. E il processo di valorizzazione del battistero non è ancora terminato: proprio in queste settimane il battistero è “fasciato”, sono in corso lavori di restauro paramenti murari esterni e “seguiranno nei prossimi mesi e anni interventi di tipo conoscitivo, anche con scavi archeologici, che permetteranno di comprendere meglio l’evoluzione del battistero e del suo rapporto con la cattedrale e la piazza circostante”.

Non si tratta dunque di “staccare biglietti”, come ha sottolineato don Gianandrea Di Donna, delegato per il battistero, anche se poi i biglietti andranno staccati, ma di indicare a tutti coloro che arriveranno nel cuore di questa ‘civitas cristiana’, europei o non europei, cristiani o di altre religioni, credenti o atei e anticlericali, che nel luogo vivo che è il battistero “arde la luce del Verbo del Signore, Gesù Cristo”, raffigurato in tutti i pannelli delle pareti, ma principalmente come “Pantocratore che calamita il nostro sguardo al centro della cupola, allo Zenit rispetto all’acqua del fonte battesimale” dalla quale i catecumeni adulti hanno ripreso a riceve il battesimo dalla Pasqua del 2016 dopo decenni.

“La Chiesa offre al mondo tutto questo, attraverso la tecnica e la tecnologia, perché gli uomini di innamorino di Dio”, ha concluso Di Donna. Il sovrintendente alle Belle arti Fabrizio Magani ha espresso soddisfazione costatando come i restauri non servano solo a conservare le opere, ma anche a generare pensieri e progetti successivi e ha innestato nei presenti la curiosità di conoscere maggiormente l’organizzazione urbana che letta dall’alto è imperniata sul luogo in cui nei secoli si sono susseguite le cattedrali di Padova e di come nel medioevo il Battistero stesse in rapporto con la piazza, in particolare, il suo isolamento rispetto a un duomo più piccolo e cresciuto dopo, un po’ come si vede in tutta l’area adriatico fino a Firenze e Pisa. Il presidente della Fondazione Cariparo Gilberto Muraro ha spiegato chiaramente come valorizzare l’arte significhi anche promuovere la coesione sociale, ragione per cui l’ente è stato fin dall’inizio a fianco della diocesi in questo progetto e per cui lo sarà anche nei prossimi scavi e ampliamenti dell’offerta turistica. Il sindaco Sergio Giordani si è complimentato con il vescovo e con tutte le maestranze, “avete dato un gioiello nuovo a Padova” ricordando come sia fortunata la città “ad avere un numero consistente di persone che se ne prendano cura e siano al lavoro per la sua cura”.

Infine, il vescovo Claudio Cipolla, ispiratore di questo intervento, ha segnalato: “Entrare nel nostro battistero richiede la fatica di guardare verso l’alto, il nostro sguardo è attratto lassù, in un tempo che tendo invece ad attirarci verso il basso, basti pensare alla tragedia della Marmolada, alla pandemia che non sembra ancora finita, alle preoccupazioni economiche e ai riflessi della guerra in Ucraina nei Paesi più poveri. Ebbene, alzare lo sguardo credo sia mettersi accanto a coloro che soffrono di più questa situazione, trovare coraggio perché sappiamo che non tutto si risolve qui nel basso, a livello umano. E questo spinge anche noi cristiani a essere educatori non tanto di competenze ma di spirito, di una ricchezza interiore che rende noi uomini, uomini e donne davvero. Ora abbiamo messo in una nuova luce un tesoro che avevamo da secoli e che forse non avevamo valorizzato abbastanza: rientrando vedremo tutti ancora una volta quanto bello è, da qui l’importanza di mettere il bello al centro dei nostri percorsi educativi”.

(Precedentemente pubblicato su “La difesa del Popolo“)

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