Cammino sinodale. Cagliari, Oristano e Ozieri: la voglia di partecipare sentendosi comunità

Le esperienze vissute negli ultimi mesi dalle comunità di Cagliari, Oristano e Ozieri, raccontate al Sir dai referenti diocesani

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Anche in Sardegna, al termine della prima fase del cammino sinodale, c’è voglia di continuare il processo avviato. C’è la diffusa percezione di una comunità che, nelle diocesi, si è messa in moto e che magari non sa bene ancora quale sia la meta e dove porterà la strada intrapresa ma ha voglia di proseguire il cammino, insieme. Lo riferiscono al Sir i delegati diocesani, riepilogando quanto vissuto negli ultimi mesi.

Corresponsabilità, cambiamento generazionale, comunità. “Quella che abbiamo fatto finora è stata innanzitutto l’esperienza del coinvolgimento”, racconta don Mario Farci, dell’arcidiocesi di Cagliari. “Il cammino sinodale – spiega – è riuscito a coinvolgere certamente non tutta la diocesi e nemmeno tutte le parrocchie – gruppi sinodali sono stati costituiti in poco più del 50% delle parrocchie –, ma è riuscito a raggiungere tante realtà che diversamente difficilmente sarebbero state raggiunte”. Per esempio hanno visto coinvolti carcerati, migranti e comunità cristiane non cattoliche. Dappertutto, assicura il sacerdote,

“si è sperimentata la gioia dell’incontro, forse anche perché veniamo da anni di isolamento dalla pandemia. Ma anche per la novità di una proposta come quella del cammino sinodale”.

“Si è sperimentata – evidenzia don Farci – l’importanza dell’incontrarsi, ed

è rimasta in chi ha partecipato la voglia di proseguire il cammino di corresponsabilità nella Chiesa”.

“Tra le esperienze fatte – sottolinea – la più significativa è quella che si è vissuta in carcere, dove gli operatori di pastorale carceraria hanno fondato tutto il cammino di quest’anno sulla sinodalità. Diversi gruppi di detenuti, quelli che possono frequentare la cappella, ogni settimana si sono incontrati e confrontati liberamente e hanno visto un accrescersi dei componenti”. Il sacerdote riconosce che “ha colpito la positiva accoglienza riservata dai carcerati all’iniziativa, che ha fornito la possibilità non solo di riscoprire le radici della loro fede ma anche, nonostante la loro condizione di isolamento, di

sentirsi partecipi di un cammino comune”.

Tre i focus comuni in quasi tutte le sintesi, un centinaio, raccolte dall’equipe diocesana al termine della prima fase. Innanzitutto i giovani, “che per un verso mostrano volontà di rendersi partecipi di questo cammino ma si sentono poco ascoltati; per altro verso si evidenzia un’assenza dei giovani nelle comunità” e, anche per questo, “ si sente l’esigenza di un ricambio generazionale in comunità dall’età media avanzata”. In secondo luogo è stata richiamata l’importanza della famiglia, “che – osserva il sacerdote – sappiamo essere un’istituzione in crisi anche nella nostra realtà”; diffusa è la necessità di “coinvolgere soprattutto le giovani coppie all’interno delle comunità”. Infine il clero: “I sacerdoti – commenta don Farci – manifestano l’esigenza di momenti comuni non solo all’interno del presbiterio ma anche all’interno delle comunità che guidano”.

Confronto, unione, radici. “Essere partecipi non solo nella fase realizzativa dei progetti ma cominciando dall’ideazione e dalla proposta, fino al coinvolgimento in tutti gli aspetti della vita della Chiesa locale”. È questa una delle esigenze comuni venuta fuori dai gruppi sinodali attivati nella diocesi di Oristano. Tra questi, spiega Maurizio Fanni, uno dei referenti, anche quello delle associazioni laicali che hanno dato vita ad un vero e proprio coordinamento: “Si tratta di un’unione di realtà laicali, solitamente più abituate ad andare per conto proprio piuttosto che procedere insieme”. Quella del coordinamento, confida, è “un’iniziativa riuscita, che ha consentito di scambiarci esperienze frutto di vari percorsi come quelli dell’Azione Cattolica, degli Scout, dei Focolarini…”. “Con un rappresentante di ciascuna associazione – prosegue – ci troviamo ogni settimana per parlare del nostro essere cristiani in cammino e per confrontarci sulle idee”. “Ci siamo resi conto di concordare molto sulla necessità di fare un percorso come quello che ci chiede Papa Francesco”, assicura Fanni, convinto che

“essere disuniti è quasi peggio che non partecipare”.

Se da un lato, ammette il referente, “ci si poteva aspettare un’adesione maggiore delle parrocchie” (quelle che hanno partecipato sono il 25%-30%), dall’altro chi si è fatto coinvolgere ha dimostrato una grande voglia di “volersi conoscere”. “L’entusiasmo di chi ha partecipato – riconosce – ci ha aiutato a superare una iniziale delusione; le persone coinvolte hanno apprezzato un clima e un ambiente che ha consento loro di capire meglio il proprio essere cristiani”.

Ovunque ha prevalso la volontà di “mettersi in discussione” così come “indubbiamente è emerso il desiderio di essere considerati Chiesa e non semplici fruitori di una struttura o di un servizio”.

“La frase che è ricorsa più frequentemente – rileva – è ‘La Chiesa siamo noi’. A volte prevale la sensazione di essere ospite nella propria casa”, commenta Fanni.

Ascolto, rinnovamento, inclusione. “Il messaggio che il cammino sinodale sta dando, e questo ha incuriosito moltissimo soprattutto i ragazzi, è che in questa sorta di ‘esame di coscienza’ che la Chiesa sta facendo

si è partiti con l’interrogare le persone che apparentemente sembra contino meno facendole sentire invece molto importanti. Sentire il loro parere, il loro pensiero, la loro opinione su come vanno le cose è necessario per iniziare un percorso di rinnovamento”.

Ne è convita Maria Pina Zappu, referente della diocesi di Ozieri. Lei è stata una delle promotrici del confronto sinodale nelle classi con i ragazzi delle scuole secondarie di 2°grado, una proposta avanzata “perché la scuola è il luogo nel quale ci si confronta”. “Hanno partecipato anche i ragazzi che non si avvalgono dell’Insegnamento della religione cattolica”, racconta, aggiungendo che “così hanno potuto dialogare ragazzi che partecipano alle attività parrocchiali, chi non partecipa, chi, addirittura, si sente escluso oltre a chi generalmente non manifesta interesse verso le realtà ecclesiali. In tutti i gruppi è emerso, in realtà, un fortissimo interesse soprattutto da parte di chi normalmente non vive questo tipo di esperienza”. Si è vissuta “un’iniziativa positiva e costruttiva; credo sia stata un’occasione importante per noi adulti ma anche per loro”. Non è un caso, commenta, che “un bel numero di ragazzi hanno deciso di partecipare al pellegrinaggio a Roma” in occasione dell’incontro del Papa con gli adolescenti il Lunedì di Pasqua.
Dal cammino sinodale in diocesi “è emerso che

c’è bisogno di rinnovamento,

questo riguarda ‘le metodologie’ ma anche ‘le persone’”. “Dobbiamo darci da fare di più come laici”, ammette Zappu, mentre “ai sacerdoti viene chiesto di provare ad includere di più”. La referente sottolinea poi come

“la disponibilità all’ascolto debba essere continua, anche oltre il cammino sinodale; se tutti riuscissimo davvero ad ascoltare – il che significa anche fare un passo indietro rispetto a se stessi – saremmo in grado di capire cosa ci viene chiesto”.

Al termine della prima fase del cammino, si respira “un’aria di rinnovamento, di freschezza, di ritrovato entusiasmo”. “Si è creato dinamismo all’interno delle comunità parrocchiali, c’è voglia di partecipare e di includere anche chi in passato è rimasto un po’ più indietro”, conclude Zappu.

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