Bambini vittime di violenza assistita. Ceis Catanzaro: “‘Controfiabe’ per combattere la cultura che si nutre di stereotipi di genere”

Cinque ragazzi, dai 5 ai 12 anni, accolti a “Mondo Rosa” hanno partecipato a un Laboratorio di scrittura creativa, grazie al quale hanno imparato a “raccontarsi” e a raccontare il proprio mondo interiore, in un modo più leggero e fruibile rispetto alle più tradizionali sedute di ascolto psicologico

(Foto: ANSA/SIR)

“Controfiabe – 5 storie per ragazzi liberi e ragazze forti”. È il titolo di una pubblicazione data alle stampe dal Centro calabrese di solidarietà (Ceis), aderente alla Fict. Il Centro si occupa del sostegno psicologico, educativo e lavorativo di persone che presentano problematiche legate a situazioni di dipendenza patologica, violenza familiare, esclusione sociale. Dal 2012 il Centro calabrese di solidarietà, che ha sede a Catanzaro, ha attivato il centro antiviolenza e casa rifugio “Mondo Rosa”, per accogliere donne vittime di violenza di genere con i loro figli. Il libro “Controfiabe” è stato un modo per incoraggiare i bambini vittime di violenza assistita, accolti all’interno della casa rifugio “Mondo Rosa”, a “raccontarsi” e a raccontare il proprio mondo interiore, in un modo più leggero e fruibile rispetto alle più tradizionali sedute di ascolto psicologico. La realizzazione del volume è stata possibile all’interno del progetto “La storia di…”, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le politiche della famiglia, per mettere in atto modalità di intervento innovative rispetto alla tematica della violenza assistita, che, ricorda il Centro calabrese di solidarietà, “quando è ripetuta”, “compromette seriamente il benessere, lo sviluppo individuale e la capacità di interagire in modo funzionale, a livello sociale, di un minore”. Infatti, “è causa di forti disagi come stress, depressione, difficoltà scolastiche, ridotte capacità empatiche, bassa autostima, svalutazione di sé e, nel lungo periodo, può aumentare il rischio della riproducibilità, ossia di sviluppare comportamenti violenti in età adulta, assumendo la violenza come strumento relazionale, soprattutto nei rapporti di coppia”.

(Foto: Ceis Catanzaro)

“Scrivere questo libro ha avuto un effetto catartico sui bambini che hanno subito violenza assistita. Scrivere le loro fiabe in un Laboratorio di scrittura creativa ha permesso loro di dar voce a una storia che può essere cambiata, a una condanna che non è definitiva”, spiega al Sir Isolina Mantelli, presidente del Centro calabrese di solidarietà. Attraverso l’implementazione del Laboratorio, “i bambini sono stati supportati nell’ideazione di storie e fiabe che avessero come personaggi principali ragazzi e ragazze che superano difficoltà legate al loro genere di appartenenza, alle loro condizioni fisiche o familiari, arrivando ad affermare se stessi, le loro passioni, la loro voglia di vivere, facendo riscoprire anche al loro gruppo sociale di appartenenza la necessità e la bellezza di accogliere la diversità”. Al Laboratorio di scrittura creativa hanno partecipato cinque bambini dai 5 ai 12 anni. “Tutti hanno imparato attraverso questa esperienza che si può fare spazio all’altro, si può ridere insieme”, osserva la presidente del Centro calabrese di solidarietà.

“Noi – afferma Mantelli – vorremmo lavorare a fianco non solo a ciascuna donna maltrattata, ma

vorremmo contribuire a un cambio di quella cultura, che si nutre di stereotipi di genere.

Per esempio il femminile delle parole viene usato per i lavori più umili, mentre sembra che suoni male per quelli più importanti. Già il linguaggio non risponde alla vera realtà dei fatti, puntando ancora a una presunta inferiorità della donna. Sin da piccoli bisogna insegnare che maschi e femmine sono biologicamente diversi, ma che hanno diritti paritari. La cultura si cambia non solo essendo presenti come donne sullo scenario mondiale, economico, politico, ma anche cambiando il ruolo all’interno della famiglia e riconoscendo che un papà non ‘fa’ una cosa per aiutare la mamma, ma perché come padre è obbligato a dare un servizio alla famiglia”. Insomma, riflette la presidente del Centro, “se non abbattiamo una cultura maschile dominante, non avremmo mai la fine della violenza sulle donne e non avremmo mai un mondo che venga declinato al maschile e al femminile contemporaneamente. Il maschile deve imparare la dolcezza del femminile e la capacità di relazione che il femminile comporta aprendosi all’altro. Ai bambini si insegna che possono piangere, che le bambine possono non desiderare il principe azzurro. I bambini che hanno assistito alla violenza di solito ripetono lo schema: le bambine accetteranno sul loro corpo e sulla loro psiche la violenza, i maschi opereranno violenza. La casa rifugio accetta le donne maltrattate con i loro figli, con questi ultimi si fa un grande lavoro perché sono piccoli lesi con disturbi del comportamento e cognitivi, la cui anima è stata ferita da un adulto crudele che pensava di operare potere”. Per Mantelli, vediamo i frutti negativi di una struttura culturale basata sul pensiero maschile anche nel conflitto in Ucraina, con gli stupri di guerra: “La donna è un oggetto di possesso del nemico, l’offesa peggiore al nemico è lo stupro della sua donna. Dare spazio al femminile nel mondo può solo arricchire l’umanità”.

Le cinque storie nate dalla fantasia dei piccoli ospiti di “Mondo Rosa” sono state illustrate da altrettanti artisti calabresi emergenti e raccontano di chi è nato blu e si apre ai colori, di come la musica doni la grazia a chi pensa di non farcela ad entrare nel flusso della vita, di una bimba che sogna di fare l’astronauta e riesce a farsi apprezzare per quello che è, senza rinunciare a se stessa. Così, nella “controfiaba” che racconta della Fata Arborea e dei suoi mille pretendenti, il giovane protagonista Leo comprende che la forza maschile non è una corazza rigida, ma significa superare le apparenze, “capire cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato… chi valeva la pena aiutare davvero”. Questa, dice la Fata nella storia, “è la forza che ho sempre cercato in un uomo, non quella della spada, né le ricchezze, né il potere”. O nella “Fiaba inversa”, Clara manda in pezzi lo specchio che non la riflette e torna a casa ricca di consapevolezza di sé, mentre era partita povera, nella sua missione, e può avere accanto, dopo averlo salvato lei stessa, un principe gentile, per nulla arroccato nel suo castello di superiorità: “Jason capì che non avrebbe mai riavuto il suo castello, ma in compenso… aveva guadagnato una splendida principessa, che sarebbe stata per sempre anche la sua eroina”.

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