Roccella Jonica, polo di accoglienza per tutti. P. Carlino: “Una città che si è messa completamente a disposizione per dare una mano”

La speranza viene dallo spirito di accoglienza mostrato dai cittadini di Roccella. In questo lembo jonico di Calabria, i frequenti sbarchi di migranti scatenano una vera e propria gara di solidarietà, fattiva e concreta, da cui nessuno si esclude. Dopo l'ennesimo approdo del 24 aprile, l'ottavo del 2022, istituzioni, associazioni, parrocchie e cittadini si sono mobilitati per offrire aiuti e dare sostegno. Nel 2021 erano state oltre 6 mila le prime accoglienze nel paese, e il 2022 promette numeri altrettanto alti. In questi giorni Roccella è un polo di accoglienza, tra migranti provenienti dalle coste turche e profughi ucraini, per un sistema di accoglienza virtuoso e diffuso

(Foto ANSA/SIR)

La speranza viene dallo spirito di accoglienza mostrato dai cittadini di Roccella. In questo lembo jonico di Calabria, i frequenti sbarchi di migranti scatenano una vera e propria gara di solidarietà, fattiva e concreta, da cui nessuno si esclude. Dopo l’ennesimo approdo del 24 aprile, l’ottavo del 2022, istituzioni, associazioni, parrocchie e cittadini si sono mobilitati per offrire aiuti e dare sostegno. Nel 2021 erano state oltre 6 mila le prime accoglienze nel paese, e il 2022 promette numeri altrettanto alti.

In questi giorni Roccella è un polo di accoglienza, tra migranti provenienti dalle coste turche e profughi ucraini, per un sistema di accoglienza virtuoso e diffuso. Roccella, tra le tante bellezze che esprime, significa anche convivenza con quanti bussano alle sue porte e a quelle della Calabria.

Lo sottolinea con fierezza il parroco, padre Francesco Carlino, impegnato da mesi nell’accoglienza: “Rispetto ai migranti che abbiamo accolto in parrocchia negli scorsi mesi, la maggior parte sono smistati nei centri di accoglienza. Alcuni tra gli adulti li stiamo aiutando, abbiamo trovato loro un lavoro, nella legalità, mentre qualche altro lo sosteniamo settimanalmente per i bisogni”.

Le porte nel frattempo sono state aperte anche a giovani mamme con bambini provenienti dall’Ucraina, una situazione in evoluzione “che stiamo gestendo grazie alla Caritas presente sul territorio”. Anzi, “fra qualche giorno arriveranno alcuni ragazzi che vivevano in un orfanotrofio e che purtroppo erano sotto le bombe”. Il 24 aprile – spiega padre Carlino – “non c’erano bambini tra i 76 sbarcati a Roccella, ma con l’arrivo delle belle giornate si prevede l’inizio del flusso”. Per il sacerdote, “si prevede che sarà un’estate dura con un problema strutturale in più, quello che riguarda il cosiddetto Ospedaletto, utilizzato per la prima accoglienza, che è stato dichiarato inagibile”. Al suo posto sono state installate due tensostrutture al porto, da cui i migranti che arrivano vengono mandati nelle navi in cui affrontano i giorni di quarantena.

Sul campo, in prima linea, come sempre, la Protezione civile di Caulonia, guidata da Antonella Ieraci. “Mentre i migranti stavano per sbarcare, siamo stati contattati per la prima accoglienza, che consiste prevalentemente nella distribuzione dei generi alimentari, soprattutto qualcosa di caldo, perché l’importante è che quanti arrivano ricevano un’accoglienza dignitosa”. La Protezione civile caulonese, ad hoc, ha approntato una cucina mobile capace di muoversi verso le esigenze dei migranti.

Non c’è tensione, né preoccupazione: Roccella vive da anni questi momenti ed ha imparato a organizzarsi. I volontari, anzi, sono formati praticamente sul campo – come lascia intendere Ieraci -. Il primo momento di accoglienza, dunque, si svolge nelle tensostrutture. Eppure, nonostante quell’ex ambulatorio abbia diverse criticità, per Rossella Ursini, della Protezione civile “Aniello Ursino”, è meglio delle attuali tende installate al porto. “Le tende, soprattutto nei mesi invernali, sono fredde, l’acqua rischia di scivolare sotto le brandine, sono una soluzione temporanea. L’Ospedaletto, invece, ha due moduli, uno per le donne e i bambini e uno per gli uomini. Al porto c’è un solo bagno, quindi le condizioni non sono delle migliori”.

Ursino è una sorta di memoria storica dell’accoglienza dei migranti che sbarcano a Roccella. “Sono dieci anni di assistenza, grazie anche a mio marito, impegnato come me da quando questo fenomeno era ancora limitato. Qui a Roccella abbiamo avuto giornate di lunghissimo lavoro, ma lo abbiamo fatto sempre con il cuore pieno di amore”. La volontaria, che riconosce l’importanza del “donarsi per gli altri, anche solo con semplici gesti”, traccia una sorta di identikit degli sbarchi sulle coste. A Roccella, Crotone e Reggio Calabria sono storicamente arrivati migranti provenienti dall’est, dalla Turchia, dalla Grecia, nonché di etnia curda. È minore il numero di quanti arrivano dalla Libia; al contrario di quanto succede in Sicilia, dove i migranti sono prevalentemente africani”.

Nei racconti delle centinaia di giovani accolti, Ursino ha “la memoria della loro paura, la narrazione delle atrocità vissute nei Paesi di origine, il desiderio di un riscatto e di vivere ‘all’occidentale’”. Perché, anche se Roccella è soprattutto un luogo di passaggio verso i centri di accoglienza, di quel passaggio rimane comunque traccia nei volontari e nei cittadini. Prima era un ex asilo nido, il luogo del “pronto intervento”. Poi l’Ospedaletto, “i cui locali – spiega Ursino – sono andati mano mano deteriorandosi per l’usura del tempo”, e ora le tensostrutture del porto, presso cui sono impegnati le donne e gli uomini della Croce Rossa.

Intanto, chiude padre Carlino, rimane l’immagine di

“una città che si è messa completamente a disposizione per dare una mano”.

È il volto bello della Calabria, il più vero.

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