Minori. Di Gregorio (psicoterapeuta): “Stiamo scontando la grave carenza di servizi dedicati”

“Non basta occuparsi dei bambini; va preso in carico tutto il nucleo familiare: insomma il pacchetto completo”. Non ha dubbi la psicoterapeuta che segue minori in difficoltà presso due strutture d'accoglienza in provincia di Teramo. Nella Giornata dedicata ai diritti dell’infanzia annuncia il lancio a breve del progetto "Super - Siamo uniti per l’educazione dei ragazzi” e denuncia la scarsa attenzione e la carenza di servizi dedicati ai minori

foto SIR/Marco Calvarese

Si svolgeranno questa mattina nella chiesa di Santa Maria del Soccorso di Cura di Vetralla (Viterbo) i funerali del piccolo Matias, bambino di 10 anni di origine polacca, ucciso a coltellate lo scorso 16 novembre. Ieri pomeriggio il Gip di Viterbo ha convalidato l’arresto del padre, Mirko Tomkov, accusato dell’omicidio e rinvenuto dopo il tragico gesto nello stesso appartamento in stato di incoscienza.

Mariacristina Di Gregorio

“Ancora una vittima minorenne, un bambino inerme, vittima di violenza estrema; una famiglia in difficoltà, forse lasciata sola”. Così Mariacristina Di Gregorio, psicoterapeuta presso due strutture di accoglienza per minori nella provincia di Teramo, Casa Madre Ester e Nido del Focolare, commentava il giorno dopo al Sir questa uccisione. Ma la strage degli innocenti è proseguita il giorno dopo con l’uccisione di altri due piccoli di 5 e 2 anni a Sassuolo (Modena) per mano del padre che ha tolto la vita anche alla moglie e alla suocera. Oggi, Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza pur precisando di non conoscere i contesti nei quali si sono consumate queste tragedie, Di Gregorio parla di “molte situazioni sommerse” e di “una grande difficoltà a vederle e ad ascoltarle”. Dal suo osservatorio afferma: “Le situazioni che arrivano da noi sono ormai compromesse perché non c’è stato un intervento immediato.

Oggi stiamo scontando la grave carenza di servizi dedicati all’infanzia e all’adolescenza.

Se ci fossero servizi preposti alla prevenzione, non soltanto diminuirebbero situazioni estreme come queste, ma sarebbe più semplice intercettare i primi segnali di difficoltà e disagio. Purtroppo le agenzie che si occupano di minori – scuola, centri sportivi, associazioni – non dispongono di insegnanti, allenatori, educatori, animatori adeguatamente formati per cogliere i segnali di allarme. Nella maggior parte dei casi si arriva troppo tardi: in situazioni ormai precipitate e quindi difficilmente recuperabili, a volte destinate ad esiti drammatici.

Quindi, dottoressa, che cosa servirebbe?
Una formazione approfondita e omogenea, un lavoro di rete e un linguaggio condiviso a più livelli. Penso al Tribunale dei minorenni che per fortuna ora si avvale di figure professionali adeguate a relazionarsi con i bambini, ma fino a poco tempo fa le competenze e il linguaggio impiegati erano lontanissimi da quelli di chi come noi lavora sul campo. Per tutti gli operatori che a vario titolo ruotano intorno al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza

occorre una strategia univoca, condivisa, oltre a servizi che si facciano carico anche della famiglia.

Spesso queste vicende si inseriscono in un contesto problematico in cui la vittima o la persona vulnerabile ha difficoltà a chiedere aiuto perché c’è una grave compromissione a livello psicologico.

Nel caso di Vetralla, era stato emesso un decreto di divieto di avvicinamento per il padre.
A fronte di un intervento giudiziario, c’è stato anche un intervento dei Servizi sociali?

Sembra – ma mentre procedono le indagini la cautela è d’obbligo – che quasi nessuno conoscesse quella famiglia.
Probabilmente si tratta di un nucleo familiare isolato, privo di qualsiasi rete di relazioni. Una solitudine che aggrava ulteriormente i disagi. Non conosco quello specifico contesto territoriale, ma ho toccato con mano la disomogeneità nell’offerta dei servizi:

spesso i piccoli centri sono molto penalizzati rispetto alle opportunità di città più grandi.

In che cosa consiste il suo lavoro a tutela dei minori?
Noi interveniamo a seguito di una disposizione del Tribunale per i minorenni che stabilisce l’allontanamento del minore dall’ambiente familiare e il suo collocamento presso una struttura residenziale. Il nostro impegno iniziale è dunque di accoglienza e protezione; successivamente, quando il bambino si stabilizza nel nuovo contesto, inizia tutto il lavoro di rete. Ognuno di loro è affidato al Servizio sociale territoriale che noi affianchiamo svolgendo attività di sostegno, ma anche di rilevazione del danno subito che di norma emerge dopo diversi mesi.

Come si differenziano le due strutture?
Accogliamo questi minori nella comunità residenziale Casa Madre Ester a Scerne di Pineto (Teramo). Sempre in provincia di Teramo è attiva anche la comunità Nido del Focolare, a Cerchiara di Isola del Gran Sasso, nata per accogliere bimbi nati in crisi di astinenza neonatale e segnalati dall’ospedale, che oggi si fa carico anche di bambini fino a sei anni e di neonati con gravi disabilità, abbandonati in ospedale. Abbiamo con il tempo imparato a prenderci cura anche di loro; in caso di abbandono di piccoli con gravi disabilità i servizi sociali ci contattano, ma per loro l’adozione è più difficile. Abbiamo un ragazzo di origine cinese, che adesso ha 19 anni e sta con noi dalla nascita, e un altro di 15: due tentativi di adozione falliti. Per due gemelline con difficoltà deambulatorie abbiamo molta speranza perché stanno facendo riabilitazione e sono comunque più adottabili di un bimbo tetraplegico o con idrocefalo. Oggi a Casa Madre Ester abbiamo una mamma, con quattro bimbe, e sei altri bambini; al Nido sei bambini.

Immagino che molti dei bimbi accolti abbiano alle spalle storie di violenza familiare.
Sì, se non diretta almeno assistita, purtroppo molto sottovalutata. Si pensa che un bambino non ne subisca ripercussioni, senza capire che la violenza è data dal clima che invece è costretto a respirare ogni giorno. Bisogna dare più importanza alla voce dei bambini e occorrerebbe garantire a tutti le stesse opportunità; invece non è così. Io vivo due realtà completamente diverse nonostante siano parte della stessa famiglia. A Scerne di Pineto, lungo la costa, i bambini hanno a disposizione diversi servizi. A Isola del Gran Sasso vivono praticamente una situazione di isolamento senza servizi e con gravi carenze anche a livello di trasporto pubblico, tanto che quando il Tribunale dispone incontri protetti con i genitori, chi non ha l’automobile si trova in difficoltà e dobbiamo trovare dei compromessi per gli orari.

Che cosa emerge in questi incontri protetti?

Mi accorgo che spesso manca la figura paterna.

Molti bambini sono orfani di padre o non riconosciuti. In questi incontri, che avvengono in presenza mia o dell’educatore, spesso si manifestano modalità disfunzionali di relazione. Però con il tempo i genitori iniziano a sentirsi accolti: anche loro esprimono un forte bisogno di sostegno, e ancora una volta emerge la necessità di una presa in carico di tutto il nucleo familiare. Nel caso di allontanamenti temporanei, i progetti più fallimentari sono quelli in cui bambini hanno fatto rientro in una famiglia d’origine che non era stata preparata a riaccoglierli. Alcuni sono tornati da noi, altri sono andati in un’altra comunità, altri sono rimasti in una situazione che si è cronicizzata e, diventati adulti, non hanno fatto altro che ripetere i modelli disfunzionali vissuti in famiglia. Proprio nella direzione di un’accoglienza globale va un progetto che dovrebbe partire lunedì prossimo e che realizzeremo insieme alla Fondazione Maria Regina cui fanno capo le nostre strutture.

Di che si tratta?
Si chiama “Super!”, acronimo per “Siamo uniti per l’educazione dei ragazzi” e prevede la creazione di un centro socio-educativo per accogliere, sostenere e prendersi cura di ragazzi dai 6 ai 14 anni che presentano difficoltà scolastiche o vivono in contesti familiari problematici, segnalati dalle scuole o dai Servizi sociali, offrendo loro gratuitamente sostegno nei compiti e attività extra scolastiche come sport e laboratori artistici.

Ma ci prendiamo cura anche delle famiglie:

in contemporanea i genitori avranno la possibilità di confrontarsi con altri genitori uscendo dalla solitudine e potranno essere seguiti da alcuni psicoterapeuti. Crediamo molto in questo progetto per aiutare i ragazzi a prevenire l’insuccesso scolastico, ma anche a costruire legami sani e solidi con le figure adulte di riferimento.

Non basta occuparsi dei bambini; va preso in carico tutti il nucleo familiare: insomma il pacchetto completo.

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