“Viviamo un tempo difficile, un tempo di prova in cui il cristiano è chiamato a riflettere e a pregare, poiché entrambe le cose sono necessarie. La pace è sì dono di Dio – e per questo dobbiamo pregare e molto – ma è anche dono che Dio fa agli uomini i quali, quindi, sono chiamati a custodirlo e a promuoverlo, soprattutto in tempi in cui i focolai di guerra si moltiplicano e si intensificano”. Così il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, nell’omelia della messa celebrata questa sera nella chiesa di San Lorenzo Martire, duomo di Mestre, alla presenza delle autorità civili e militari, in occasione della festa di San Michele Arcangelo, patrono della città di Mestre e della Polizia di Stato.
Nel ricordare che oggi “nel mondo le guerre sono una sessantina, esattamente cinquantasei. Si tratta di veri e propri conflitti armati di proporzioni diverse, ma comunque sempre sanguinosi”, Moraglia si è chiesto “quale via percorrere per ristabilire un clima morale, culturale e politico oggi così barbaramente violato da quanti ritengono di poter sconfiggere o annientare il nemico”. “Non si può reamente stabilire l’ordine infranto solo con gesti esteriori, di qualunque tipo siano”, ha ammonito. Occorre invece tenere “insieme alla pace anche la giustizia e il perdono perché senza questi elementi la pace sarà solo una mera utopia (ossia non sarà mai da nessuna parte!). Pilastri della vera pace, quindi, sono la giustizia e quella particolare forma di amore che risponde al nome di perdono”. Un trinomio che può fare veramente la differenza, considerando – per iniziare – “come la giustizia e il perdono non siano tra loro alternative” perché, ha concluso il patriarca, “il perdono non si oppone alla giustizia ma al rancore e alla vendetta”.