Consiglio permanente: card. Zuppi, “essere cristiani significa anche denunciare le guerre e le ingiustizie”

“Essere cristiani significa anche denunciare le guerre e le ingiustizie, sostenere la diplomazia, offrire accoglienza a chi fugge da conflitti”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, aprendo il Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Gorizia fino al 24 settembre. “E significa pure lavorare perché in tutto il nostro Paese e in tutte le comunità locali si costruisca un dialogo autentico, una reciprocità che superi le paure radicate”, ha spiegato: “Significa testimoniare che la pace non è assenza di conflitto, ma presenza viva di legami di solidarietà, di cura, di ascolto profondo”. “Ogni parrocchia e comunità sia una casa di pace e di non violenza che promuova e raccolga le tante e importanti istanze che salgono dalla società civile”, l’invito del presidente della Cei: “Per i cristiani, l’impegno alla pace non è un’opzione morale fra tante, ma una dimensione costitutiva del Vangelo” che “si traduce nel promuovere riconciliazione, giustizia, cura dei più vulnerabili, rifiuto di ogni forma di violenza”. “Educare alla pace oggi – ha affermato Zuppi – significa formare persone che sappiano uscire dai muri della polarizzazione, che comprendano che il cristianesimo chiede fedeltà al comandamento dell’amore. Persone che riconoscano la pace non come diritto garantito ma come opera quotidiana, fragile, spesso silenziosa, eppure autentica. Se oggi il nostro mondo sembra preferire l’eco dei tamburi di guerra al sussurro della riconciliazione, educare alla pace è un atto di resistenza rivoluzionaria. È piantare semi di umanità in terre apparentemente sterili. È scommettere che un abbraccio possa valere più di mille discorsi, che una mano tesa possa aprire più porte di ogni negoziato. È credere – contro ogni evidenza – che in ogni cuore umano, anche il più indurito, possa ancora risuonare l’eco di quella pace che il mondo non può dare, ma che proprio per questo il mondo non potrà mai togliere. Solo così, forse, in una società lacerata, può rinascere una speranza che non sia più palliativo, ma trasformazione”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Italia