“Speranza: la virtù che ci pone in cammino”: questo il titolo del messaggio del vescovo di Cassano allo Ionio, mons. Francesco Savino per il tempo di Quaresima che inizia oggi, mercoledì delle Ceneri. Per il presule “percorrere un cammino è diverso dal camminare. Camminare è solo un atto considerato in se stesso, che può realizzarsi per diversi motivi, anche per il semplice gusto di farlo. Ma percorrere un cammino significa avere una meta, un fine da raggiungere, un sogno da realizzare”. “Un’esperienza tipicamente umana – scrive – sembra imporsi, in modo trasversale rispetto alle diverse culture e religioni: l’uomo ha bisogno di mete da seguire. Non per vincere noie, ma davvero per essere se stesso. L’uomo è colui che può scegliere chi essere, di determinarsi come persona con le sue specificità, di realizzarsi secondo quella soggettività irripetibile che lo identifica. E queste operazioni segnano momenti di un divenire, percorsi da intraprendere. A volte questi percorsi si involvono o si smarriscono, si contraddicono o ripartono, non sono quasi mai lineari e inesorabili. Eppure, resta difficile immaginare una persona umana senza una meta che sia più alta ed evidente di altre, quella che attiri la direzione di un’intera esistenza piuttosto che lasciarla vagare alla deriva”. Per mons. Savino il “radicale bisogno di cercare un senso e di seguirlo è ciò che fa dell’uomo un viator, secondo un’espressione già ben chiara ai padri della Chiesa. Questa condizione antropologica fondamentale costituisce un’implicita apertura alla speranza, intesa in senso cristiano”. “Paradossalmente – scrive ancora il vescovo – possiamo riconoscere che forse il mondo di oggi ha bisogno di speranza ancor più che di pane e di pace. Perché solo la speranza può dare agli uomini la certezza che vale la pena impegnarsi per il pane e per la pace, come anche per la libertà e per la vita, per la giustizia e per la fraternità. Altrimenti, in un mondo senza speranza, prima ancora della fame e della guerra, dell’oppressione e della morte, ristagnano la rassegnazione e la tristezza. E di esse i mali si nutrono”.