“L’escalation di violenza nelle province del Kivu è vissuta con grande preoccupazione dalla popolazione congolese, sia sul territorio nazionale che all’estero, che chiede il ripristino della pace. I ripetuti attacchi dell’M23 e di altri gruppi armati hanno causato massicci spostamenti di popolazione, da 1,7 a 2 milioni di persone, secondo il rapporto degli esperti delle Nazioni Unite, e perdite di vite umane, con 700 morti e 3.000 feriti solo durante la cattura della città di Goma”, numeri poi rapidamente aumentati. “Altra conseguenza è il deterioramento delle condizioni della vita nella regione, causando carestie, epidemie e l’abbandono scolastico di molti bambini”. A parlare della gravissima emergenza nell’Est della Repubblica Democratica del Congo è Jean-Pierre Mutumambila, politologo e coordinatore del Centro Kinduku, opera formativa dei Gesuiti nell’ambito del loro progetto “Foi et Joie RdC” (sulla linea delle iniziative “Fe y Alegria” nate in America Latina), sostenuta dalla Fondazione Magis Ets. In particolare, il Magis, opera missionaria della Provincia euro-mediterranea dei Gesuiti, collabora con “Foi et Joie” in Congo per promuovere l’autonomia personale e professionale di 50 giovani di Kikwit, capoluogo della provincia di Kwilu, nella parte sudoccidentale del Paese, attivando percorsi di alfabetizzazione e corsi di formazione per l’apprendimento di un mestiere.
“Oggi a Goma, come nelle zone circostanti, l’insicurezza è al massimo livello, con i civili intrappolati tra combattimenti, abusi e violazioni dei diritti umani – prosegue –. Il timore per il futuro è pesante, nel senso che si assiste già a un’estensione del conflitto ad altre regioni, come Bukavu nel Sud Kivu, presa dai ribelli dell’Afc/M23”. Inoltre, “al 31 agosto 2024, più di 590.000 persone erano fuggite dalla violenza nel territorio di Masisi, ovvero il 24% della popolazione generale sfollata nel Nord Kivu, secondo l’Ocha. E con la cattura di Goma, è da notare il peggioramento della crisi umanitaria che sta causando lo sfollamento di persone verso il Sud Kivu, il Gran Katanga e i paesi della regione. Da ciò si evince una possibile destabilizzazione della Repubblica Democratica del Congo che, fondamentalmente, pesa sulla sua integrità territoriale e sulla coesione sociale tra le comunità”.
Secondo Mutumambila, “guardando al futuro, il timore di un’avanzata dell’M23 verso Kinshasa sembra improbabile per il momento, perché la capitale dista geograficamente almeno 2.500 chilometri dalle attuali zone di combattimento. Tuttavia, la situazione della sicurezza resta instabile e non si può escludere del tutto un’escalation imprevista, soprattutto perché aumenta l’insicurezza causata dal banditismo urbano”. Va detto che “il processo di ricerca di soluzioni – sottolinea – viene portato avanti a livello governativo, vista anche la pressione molto forte affinché siano adottate misure efficaci per contrastare l’avanzata dell’M23 e stabilizzare il Paese”. La situazione della sicurezza è però in “rapido deterioramento”, le misure messe in campo finora non hanno dato risultati soddisfacenti. E “nel quadro della risoluzione della crisi vengono prese in considerazione anche le iniziative esterne del governo. Si tratta in particolare del patto sociale e della convivenza tra la Cenco (Conferenza episcopale nazionale del Congo) e la Ecc (Chiesa di Cristo in Congo) che, in quanto strutture delle Chiese cattolica e protestante, si stanno attivando per cambiare la situazione e ristabilire la pace”.