Suicidio assistito: proposta di legge in Toscana. Cl Firenze, “cura verso i sofferenti è segno e misura del grado di civiltà e di progresso di un popolo”

“Ci auguriamo che la nostra Regione prosegua la traiettoria positiva della propria storia, e che questa discussione diventi occasione per una riflessione profonda sulla concezione di cura e di dignità della persona umana, coscienti che la cura verso i sofferenti è segno e misura del grado di civiltà e di progresso di un popolo”. Lo afferma la Comunità di Comunione e Liberazione di Firenze in un documento riguardante il tema del fine vita alla vigilia dell’esame nel Consiglio Regionale della Toscana della legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito. Condividendo e rilanciando i contenuti della nota dei vescovi toscani diffusa nei giorni scorsi, un testo che – viene sottolineato – “vuole offrire un contributo al dibattito sulla proposta di legge regionale”, i membri della Comunità di Cl Firenze sottolineano che “consapevoli della delicatezza del tema, e del potenziale impatto che le decisioni future potranno avere circa la prospettiva di chi è curato e di chi cura, siamo coscienti che la cura fino alla fine, lo «stare con» il malato, accompagnandolo, ascoltandolo, facendolo sentire amato e voluto, è ciò che può evitare solitudine, paura della sofferenza, sconforto”. “Quando una persona si trova in una situazione che non ha scelto e particolarmente invalidante – proseguono –, subentra una sofferenza più ampia, quella che Cicely Saunders (fondatrice del movimento moderno hospice) chiama ‘il dolore totale’”. “Siamo testimoni – raccontano – di storie in cui – dentro una relazione d’aiuto umana e professionale – è possibile affrontare anche questo ‘dolore totale’, perché adeguatamente accompagnato: tenendo conto delle implicazioni profonde e misteriose che ogni persona si trova ad affrontare nella malattia e di fronte alla fine della propria vita”. “Inguaribile non è mai sinonimo di incurabile”, ammoniscono da Cl Firenze: “Chi è affetto da una malattia allo stadio terminale, come chi nasce con una previsione limitata di sopravvivenza, può essere sempre accolto, curato e circondato di affetto”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Diocesi