La spesa per la salute mentale in Italia resta tra le più basse d’Europa e si ferma al 3,5% della spesa sanitaria complessiva, un livello che, secondo il Rapporto Osservasalute presentato oggi all’Università Cattolica, incide sulla capacità del Servizio sanitario di garantire uniformemente i Lea e amplia il divario tra Nord, Sud e Isole. Il sottofinanziamento pesa anche sulle famiglie, che sostengono circa il 23% dei costi totali. La pandemia ha aggravato ulteriormente la situazione: nel 2020 i ricoveri psichiatrici sono diminuiti del 20%, generando un “effetto ombra” di sofferenza non intercettata, mentre il disagio psichico è aumentato soprattutto tra i giovani, con un incremento di disturbi d’ansia, dell’umore e del comportamento alimentare.
L’analisi 2011-2023 conferma un trend in crescita del consumo di antidepressivi, con un consumo quotidiano complessivo equivalente a 47,1 dosi standard ogni mille abitanti e una spesa pro capite di 7,35 euro nel 2023. I ricoveri per disturbi psichici, stabili fino al 2019, hanno subito un crollo nel 2020 (20 per 10mila uomini; 18 per 10mila donne), seguito da una ripresa lenta che nel 2023 non ha riportato i livelli pre-pandemici (22 per 10mila uomini; 21 per 10mila donne). Il quadro evidenzia un “debito di cura” persistente e una capacità ridotta del sistema di rispondere al disagio post-Covid.
Il rapporto segnala forti disuguaglianze territoriali e generazionali: le regioni con i tassi più bassi di accesso ai servizi sono Campania, Basilicata e Lazio, mentre la fascia 18-24 anni registra i livelli più alti di ricoveri (40 per 10mila) e un marcato gradiente Nord-Sud. I disturbi psichiatrici restano una sfida prioritaria per la sanità pubblica, con ampia diffusione di ansia (15-30% lifetime), depressione maggiore (10-20%), disturbo bipolare (1-2,5%) e schizofrenia (0,5-0,8%).