“Il Natale, con l’incarnazione dell’Unigenito Figlio di Dio, ci rende uomini incontrando l’uomo-Gesù”. Lo ha affermato il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, nel saluto pronunciato ieri sera durante il concerto di Natale nella Basilica Cattedrale di San Marco. Il presule ha richiamato la responsabilità delle parole e dei gesti nella società contemporanea: “Le parole e i gesti raccontano la ricchezza e la povertà di un uomo e plasmano le relazioni personali e comunitarie. Banalizzandole – ossia togliendo loro senso e contenuto – si riduce tutto a puro funzionalismo per cui l’altro interessa solo se serve”. Mons. Moraglia ha denunciato i rischi di una cultura “postcristiana, per certi versi nichilista, che non sa più cosa farsene di Dio”, citando san Paolo e Dostoevskij: “Se Dio non c’è tutto è possibile”. “Quando si perde il senso di Dio – del bene, del vero, della giustizia, dei propri limiti – tutto viene meno”, ha aggiunto. Il patriarca ha quindi evidenziato come “si cercano nuovi nomi per nuove tipologie di reato – deepfake, stalking, doxing, cyberbullismo – che hanno la loro origine in tali atteggiamenti: banalizzazione del male, mancanza di rispetto, strumentalizzazione dell’altro, noia. Atteggiamenti che portano a negare la dignità della persona e così il partner, il compagno di classe, l’altro diventano oggetti da dominare”. Nel saluto, rivolto anche “ai non credenti che, con onestà intellettuale, sono in ricerca”, mons. Moraglia ha ricordato con affetto Alberto Trentini e la sua famiglia.