Papa in Turchia: incontro clero, “Nicea pietra miliare”, no a “arianesimo di ritorno”

“Pietra miliare nel cammino della Chiesa e anche dell’intera umanità”. Così il Papa, incontrando ieri il clero nella cattedrale di Istanbul, ha definito il 1700 anniversario del primo Concilio di Nicea, che ha celebrato poco dopo con il pellegrinaggio a Iznik. La prima sfida da raccogliere, nella terra dove si sono celebrati i primi otto Concili ecumenici, “è l’importanza di cogliere l’essenza della fede e dell’essere cristiani”, ha raccomandato Leone XIV nel suo discorso in inglese: “Attorno al Simbolo della fede, la Chiesa a Nicea ritrovò l’unità. Non si tratta dunque soltanto di una formula dottrinale, bensì dell’invito a cercare sempre, pur dentro le diverse sensibilità, spiritualità e culture, l’unità e l’essenzialità della fede cristiana attorno alla centralità di Cristo e alla Tradizione della Chiesa”. Nicea, per il Papa, “ci invita ancora oggi a riflettere su questo: chi è Gesù per noi? Cosa significa, nel suo nucleo essenziale, essere cristiani? Il Simbolo della fede, professato in modo unanime e comune, diventa così criterio di discernimento, bussola di orientamento, perno attorno al quale devono ruotare il nostro credere e il nostro agire”. La seconda sfida riguarda l’urgenza di riscoprire in Cristo il volto di Dio Padre: “Nicea afferma la divinità di Gesù e la sua uguaglianza con il Padre. In Gesù noi troviamo il vero volto di Dio e la sua parola definitiva sull’umanità e sulla storia. Questa verità mette costantemente in crisi le nostre rappresentazioni di Dio, quando non corrispondono a quanto Gesù ci ha rivelato, e ci invita a un continuo discernimento critico sulle forme della nostra fede, della nostra preghiera, della vita pastorale e in generale della nostra spiritualità”. C’è poi, per Leone, la sfida dell’”arianesimo di ritorno”, “presente nella cultura odierna e a volte tra gli stessi credenti: quando si guarda a Gesù con ammirazione umana, magari anche con spirito religioso, ma senza considerarlo davvero come il Dio vivo e vero presente in mezzo a noi. Il suo essere Dio, Signore della storia, viene in qualche modo oscurato e ci si limita a considerarlo un grande personaggio storico, un maestro sapiente, un profeta che ha lottato per la giustizia e niente di più. Nicea ce lo ricorda: Cristo Gesù non è un personaggio del passato, è il Figlio di Dio presente in mezzo a noi, che guida la storia verso il futuro che Dio ci ha promesso”. La terza sfida è quella della mediazione della fede e lo sviluppo della dottrina: “In un contesto culturale complesso, il Simbolo di Nicea è riuscito a mediare l’essenza della fede attraverso le categorie culturali e filosofiche dell’epoca. Tuttavia, pochi decenni dopo, nel primo Concilio di Costantinopoli, vediamo che esso viene approfondito e ampliato e, proprio grazie all’approfondimento della dottrina, si giunge a una nuova formulazione: il Simbolo niceno-costantinopolitano, quello comunemente professato nelle nostre celebrazioni domenicali. Impariamo anche qui una grande lezione: è sempre necessario mediare la fede cristiana nei linguaggi e nelle categorie del contesto in cui viviamo, come fecero i Padri a Nicea e negli altri Concili. Allo stesso tempo, dobbiamo distinguere il nucleo della fede dalle formule e dalle forme storiche che lo esprimono, le quali restano sempre parziali e provvisorie e possono cambiare man mano che approfondiamo la dottrina”.

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